Dallo stesso seme si rinnova la vita su strade diverse che possono ricongiungersi.
Storie di John Barleycorn e di birre elevate in botti di whisky.
SPIRITO LEGGERO
Ancora una volta: “C’era una volta…”
[si legge, più o meno, in: 5 minuti]
C’era una volta… la storia di Giovannino Chicco d’orzo:
There were three men came out of the West
Their fortunes for to try
And these three men made a solemn vow
John Barleycorn must die…
[ Ci furono tre uomini che vennero dal’Ovest
Le loro fortune erano da provare
E questi tre uomini fecero un voto solenne
John Barleycorn deve morireLoro lo ararono, lo seminarono e lo dissodarono
E gettarono zolle di terra sulla sua testa
E questi tre uomini fecero un voto solenne
John Barleycorn morìLoro lo hanno lasciato mentire per davvero molto tempo
Finché la pioggia scese dal paradiso
E il piccolo Sir John tirò su la testa
E così sorprese tutti quantiLoro lo avevano lasciato steso fino al giorno di mezza estate
Fino allora lui era sembrato smorto e pallido
E al piccolo Sir John crebbe una lunga, lunga barba
E così divenne uomo ]
Esiste una linea immaginaria che taglia l’Europa in due in maniera orizzontale: è la Linea dell’orzo e della vite che parte all’incirca appena sopra la Francia e poi attraversa l’Austria proseguendo verso est. Una linea che suddivide virtualmente due grandi zone climatiche:
- la parte bassa, dove si coltiva l’uva, si produce il vino e di conseguenza si distillano i vari Cognac, Brandy e Grappa;
- la parte alta, dove si coltiva l’orzo, si produce la birra e di conseguenza si distilla Whisky e le varie acquaviti di cereali (Vodka compresa)
La parte al di sopra della linea è stata caratterizzata nei secoli dalla mitologia celtica e soprattutto dalla storia di John Barleycorn (Giovannino Chicco d’orzo), che altri non è che la personificazione del Cerchio della Vita, del seme che deve morire per rinascere come pianta e produrre i suoi frutti.
È uno spirito che rappresenta tutto il processo produttivo dell’orzo, dalla semina alla crescita grazie all’acqua, fino al raccolto e ai successivi utilizzi nella produzione della birra e del whisky. È il mistero della vita e del suo continuo rinnovarsi di anno in anno.
È il racconto della civiltà contadina (che rischiamo di perdere) e della sua fiducia nella nascita del nuovo frutto che porterà sostentamento e fonte di sopravvivenza ancora una volta, così importante da essere ritualizzato, sostentato da sacrifici propiziatori, da falò nel buio che bruciano il vecchio nell’attesa del nuovo, secondo un simbolismo allegorico che si tramanda dalla notte dei tempi.
Sono leggende che si tramandano nei secoli, dagli albori della civiltà e il cui testo si evolve nel corso del tempo, dei luoghi, delle ballate che le cantano seguendo le mutanti tradizioni orali.
Sarà il poeta scozzese Robert Burns, nel XVIII secolo a darne la forma quasi definitiva, più o meno con il testo riportato all’inizio, e sarà il gruppo musicale dei Traffic, nell’anno del Signore 1970, a consacrare per sempre nel tempo questo mito con la loro versione in forma di canzone.
Le vie dell’orzo
A noi ora interessa che John Barleycorn, con il suo eterno ripetuto sacrificio, sia nient’altro che il punto di partenza, il trait d’union tra due prodotti diversi ma intimamente congiunti.
Diversi perché di solito non ci viene mai di fare un collegamento immediato, ma congiunti perché quando cominciamo ad andare più a fondo ci rendiamo conto che arriviamo sempre alla fine alla famosa definizione, errata quanto si vuole dal punto di vista tecnico, nella sua genericità, ma che testimonia il legame “affettivo” tra questi due pianeti: “il whisky altro non è che una birra distillata”.
Due mondi vicini quindi, divisi solo dal diverso grado alcolico? Ci può stare, se il punto di partenza è il medesimo e se ci limitiamo solo a quello, ovviamente poi più di qualcosa deve cambiare nel processo verso il risultato finale.
Due rette parallele che si incrociano solo all’infinito? Non esattamente, o almeno non sempre, e questo racconto di oggi vuole proprio farci scoprire uno dei tanti “punti di incrocio”, dove le differenze si uniscono e “i due diventano uno…” – frase che in realtà sarebbe più correttamente riferita a qualcosa altro ma che può starci bene anche qui -.
Per parlare di questo “matrimonio” – ormai che lo abbiamo citato teniamocelo buono – ci trasferiamo in un altro territorio a vocazione contadina, più vicino a noi, nella parte bassa della linea della vite – ma ormai tutto il mondo è paese, o come si suol dire “non ci sono più le mezze stagioni” – , ma ai giorni nostri se anche l’orzo non lo coltiviamo direttamente possiamo facilmente farcelo arrivare dalla parte alta della linea.
Ci spostiamo quindi nei lembi orientali della pianura padana, in territorio friulano, dove nella città di Buttrio, provincia di Udine, terra vocata alla vite e al vino, alcuni amici hanno deciso invece di mettere in piedi un Birrificio Artigianale. Parliamo di Borderline brewery.
Borderline perché fanno birre in “territorio di confine” (la Slovenia è vicina) e perché fanno birre non solite, non canoniche, alla ricerca di sperimentazioni, con procedimenti sempre diversi. Ma nel nostro caso siamo qui da loro perché li abbiamo presi come esempio (fra i tanti) di sacerdoti laici in grado di celebrare questo matrimonio particolare che riesce ad unire insieme le nostre due vie dell’orzo.
Il ricongiungimento
Partiamo da professione birraio, quindi dal nostro amato liquido spumeggiante, che invece di essere consumato fresco, viene messo per un lungo periodo a soggiornare in botti che in precedenza avevano contenuto il nostro amato whisky.
Abbiamo volutamente specificato il termine “soggiornare“, perché bisogna stare attenti alle definizioni. Il termine “invecchiamento” esprime un concetto troppo particolare, al limite del negativo. Noi non vogliamo far invecchiare la nostra birra, né farle prendere connotati di saggezza tipici di una età avanzata, ma vogliamo una interazione, una maturazione, o ancora meglio una “elevazione” della nostra birra, che deve mantenere le sue caratteristiche e migliorarle con la aggiunta di altre caratteristiche che portano a nuovi sentori, nuovi profumi, nuovi gusti, nuove sensazioni.
Ecco perché il lavoro non è così semplice come può sembrare. Non possiamo prendere una qualunque birra e metterla in una qualunque botte per un qualunque tempo. Come in un matrimonio, per avere una buona riuscita, duratura e stabile, bisogna che le parti abbiano affinità, possano andare d’accordo, siano in grado di interagire per esaltare i propri pregi e smorzare i piccoli difetti che ognuno si porta dietro.
Bisogna imparare a conoscersi: le birre non sono tutte uguali, possono essere più o meno secche, dolci, amare, leggere, dense, corpose… e le botti possono essere più o meno grandi, più o meno nuove e quindi più o meno ancora impregnate del prezioso nettare precedente, che a sua volta può avere tante caratteristiche diverse. Per avere il corretto marriage bisogno tener conto di tutti questi fattori.
Questo matrimonio s’ha da fare…
Veniamo finalmente a presentare gli sposi e le loro storie personali. Plurale perché in realtà si tratta di un matrimonio comunitario, dove abbiamo ben quattro coppie diverse che si uniscono. E festa grande sia!
Partiamo, per cavalleria, dalle protagoniste: la particolarità vuole che abbiamo a che fare con due coppie di gemelle. Quattro signore nel pieno della loro giovinezza con carattere sicuro ed esuberante. Prima coppia formata da due Robust Porter, scure, dense, persistenti, che sanno di frutta secca tostata, di caffè, di liquirizia e di toffee. Gemelle simili in tutto e per tutto.
E altrettanto identiche sono le altre due Sweet Imperial Stout, ancora più scure, ancora più dense, ancora più forti ma rese sbarazzine ed addolcite dal tocco di cacao, vaniglia e lattosio che dona loro una sensazione di raffinatezza ed eleganza che smorza il loro carattere forte e deciso.
Dall’altra parte, pronti per l’unione, troviamo invece quattro diversi signori con diverso grado di composta maturità, preparati a fornire differenti gradienti di esperienza e potenza, e – mi si perdoni l’ardire… – di diverse dimensioni.
Fantasia e ironia a parte, gli accompagnamenti esperienziali alla fine risultano essere :
- Robust Porter con Caol Ila 12 anni alle prime esperienze, isolano e torbato
- Robust Porter con Linkwood 12 anni, ugualmente giovane e più dolce ed elegante
- Sweet Imperial Stout con un maturo Bunnahabain diciottenne ed esperto
- Sweet Imperial Stout con un ancor più maturo e di grandi dimensioni Ledaig, un isolano diverso, di grande esperienza, fumatore dai gusti particolari
Che dire su queste unioni? Che i matrimoni con basi solide, non frutto di banali brevi infatuazioni, hanno tutti il loro perché. Dimostrazione che i nostri due mondi hanno il loro senso di esistere indipendenti ma si può trovare anche un punto di unione, dove nessuno si nasconde a vantaggio dell’altro, ma possiamo esaltare entrambi e la loro compatibilità, moltiplicando l’effetto finale.
Le gemelle Robust Porter dimostrano di saper gestire le diverse controparti dando vita a due diverse unioni significative:
- Nel primo caso le tostature e le nocciolature si amplificano con le note fumose, sporche ma morbide allo stesso tempo, quasi caramellate, con un finale che non ti abbandona più con la tipica nota salina dell’isola di Islay. Da provare con una buona grigliata grassa e carnosa.
- Nel secondo caso le morbidezze, i verdi prati del centro della Scozia e più precisamente dello Speyside ammorbidiscono invece le sensazioni, le rendono più tenui, tranquille, pacate, in grado di generare calore e pace al naso e in bocca. Perfette per una serata da divano.
Per le gemelle Sweet Imperial Stout:
- nel terzo caso troviamo l’idillio morbido dei sensi, il cappuccino caldo dove il latte schiarisce le tonalità scure del caffè. Sensazioni da colazione in famiglia, tutti riuniti, ognuno con la sua tazza diversa che sprigiona nell’aria profumi diversi. Come sentirsi a casa, nel calore avvolgente dei 13 gradi alcolici che si percepiscono forse solo in lontananza lontana.
- E per finire abbiamo l’unione più forte, più intensa, più voluttuosa. L’incredibile dolcezza femminile che si scontra con la maturità e la forza dell’uomo, come quercia che, fuori casa, fa ombra e protegge. Frutta secca abbrustolita e crema alla vaniglia dalle note fumose che virano sul cuoio, sul cacao, sull’alcool caldo e sulla lunghezza finale del legnetto di liquirizia. L’unione più lunga, più complessa ma allo stesso tempo più armonica. Lunga serata di inverno accanto al caminetto acceso che continua a sfrigolare nel silenzio quando si placano pian piano le voci.
Così… come ogni matrimonio ha una storia unica e irripetibile, di breve o lunga durata, anche qui le quattro storie sono diverse e irripetibili ma una cosa è certa: le vie dell’orzo non sono così separate e, prima o poi, finiscono per incrociarsi. Non ogni giorno, non facilmente ma, quando le cose si fanno accadere guidandole nella maniera giusta, i risultati non possono che essere soddisfacenti.
Grazie di tutto John Barleycorn!
foto: Mauro Bonutti
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