Ottima affluenza per Mercato FIVI: grande festa ma logistica da rivedere. La nostra selezione di 21 Cantine da ogni angolo d’Italia
Considerando la bellezza dell’evento e la passione che il Mercato FIVI sprigiona negli appassionati, ci teniamo a fare sempre un articolo un po’ più strutturato e anche quest’anno abbiamo voluto dare valore ad almeno un produttore per regione prendendoci, ovviamente, qualche giorno in più per la redazione.
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Il Mercato dei Vignaioli Indipendenti tornava per la seconda volta a Bologna dopo il buon esordio dello scorso anno sebbene alcune criticità si era capito che andavano risolte. Piacenza è ormai comunque un ricordo sebbene non siano pochi i nostalgici del passato che – a detta loro – era più semplice e più scorrevole mentre sul “genuino” non si discute: ora come allora.
Il resoconto
Come è andato dunque il Mercato FIVI? A parlare – come hanno precisato FIVI stessa e Bologna Fiere Group – sono stati i numeri.
Circa 28.000 gli ingressi nella tre giorni di fine novembre, per la precisione dal 23 al 25 e lo precisiamo perché domenica 24 è stata giornata di sciopero del personale ferroviario e quindi un handicap non banale. La giornata di apertura di sabato è stata quella di maggior successo rispetto all’edizione 2023 (2.000 visitatori in più) e anche – aggiungiamo noi – quella con maggiori criticità riportate.
Successo quindi di partecipanti che, alla fine, era il numero più atteso visto che quello relativo ai vignaioli (1.008) era già stato acquisito da tempo e messo a disposizione della gente con i circa 8.000 vini in servizio ai banchi.
Così il presidente FIVI Lorenzo Cesconi a conclusione: «Il Mercato dei Vini è un evento a cui FIVI tiene molto: come diciamo spesso, è come se aprissimo tutti assieme le nostre cantine, in un unico grande luogo. Nell’organizzarlo, cerchiamo di fare del nostro meglio per accogliere il pubblico. Con numeri così alti, soprattutto nella prima giornata, ovviamente qualcosa può andare storto: ma siamo certi che i visitatori siano riusciti ad apprezzare l’entusiasmo e la passione che gli oltre 1.000 vignaioli presenti al Mercato mettono nel loro lavoro e nel racconto dei loro vini.
Non è stato, peraltro, un anno semplice: né dal punto di vista agronomico, né dal punto di vista di mercato. Viviamo una fase complessa e, come testimoniato dal report su FIVI realizzato da Nomisma, è forte la preoccupazione dei nostri soci nell’affrontare il futuro. Per questo motivo, il successo del Mercato dei Vini è ancora più importante, per i nostri soci e per tutto il settore: quest’anno rappresenta una boccata di ossigeno davvero necessaria».
«Onesto – questo lo diciamo invece noi – quantomeno onesto Cesconi nell’ammettere le difficoltà nella gestione della logistica». Abbiamo apprezzato tanto le parole del presidente, perché in un mondo dove non si ha più il coraggio di fare ammenda per paura di perdere consensi, l’onestà viene quantomeno apprezzata e noi lo vogliamo fare soprattutto davanti a un evento come questo che è un bene per tutto il movimento, per i produttori appassionati e per il popolo del buon vino genuino e di qualità.
Ma il “non c’è due senza tre” non dovrà essere, nel 2025 si deve svoltare, non si può rischiare di bruciare un’occasione come questa, una manifestazione vera di amore per il vino, per i suoi valori e per la sua gente. Almeno sabato, all’inizio ci è sembrato un delirio, con code lunghissime per prendersi un calice, mezz’ore perse (e forse più) per avere in mano lo strumento più importante, quello più anelato, quello del piacere, quello per cui tutto aveva un senso.
Giovani addette in difficoltà per evidente mancanza di coordinamento sulla gestione delle criticità che hanno saputo rispondere inizialmente con i sorrisi ma che poi sono “naufragate” sconsolate e svogliate nel mare di richieste e rimostranze; indicazioni e segnalazioni insufficienti da, per e in fiera; navette di collegamento da Piazza Costituzione verso i padiglioni 29 e 30 che (almeno sabato) hanno iniziato il servizio alle 11.00 (orario apertura evento) con poche corse per i tantissimi partecipanti che sono rimasti in pazientissima attesa finendo poi per sbottare anche in bus contro chi, magari, stava facendo il suo onesto lavoro da dipendente e con la gestione organizzativa non c’entrava niente.
Ripetiamo (e chiudiamo), il prossimo anno si dovrà dimostrare qualcosa di concreto per far dimenticare tutto il nebuloso passato logistico in un attimo. E sarà semplice perché, in fondo, la gente non aspetta altro che godersi gioiosa questa genuina kermesse, con la sola forza di un vino dentro un calice serigrafato FIVI.
Il valore principale del Mercato FIVI è naturalmente quello fra le corsie dei padiglioni di Bologna Fiera però le iniziative a latere hanno dato anche quest’anno un valore aggiunto che ne ha completato l’offerta in maniera – almeno per noi – sicuramente più che esauriente visto il contesto.
Le cinque masterclass sul vino e quella sull’olio (in collaborazione con ALMA, PAU e FIOI) e il “fuori mercato” con la “La notte bianca dei vignaioli” (by AMO) e quella “della ristorazione” (by Fipe-Confcommercio Ascom BO), sono state una valida opportunità di viversi la città – e che città! – attraverso i locali, le enoteche, gli wine bar e i bistrot rimasti eccezionalmente aperti fino a tardi.
L’evento ha confermato anche il suo momento celebrativo con i premi “Vignaiolo come noi” per Marco Belinelli e l’ambito “Leonildo Pieropan” attribuito quest’anno a Sergio Mottura (ne avevamo già scritto con la hall of fame dei titoli assegnati nel decennio).
Prima della nostra carrellata di 21 aziende (una per 19 regioni + 2 province autonome), chiudiamo con le parole del presidente di BolognaFiere Gianpiero Calzolari – ci raccomandiamo nuovamente Presidente, per il prossimo anno vorremmo vedere le cose funzionare sufficientemente -: «Siamo molto soddisfatti della grande partecipazione a questa edizione del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti. Questo evento si sta radicando rapidamente in città, grazie anche alla collaborazione del Comune di Bologna, di Confcommercio Ascom e di AMO. La città sta rispondendo con calore, dimostrando di voler accogliere la comunità dei vignaioli indipendenti e i valori di sostenibilità che le piccole e le medie cantine promuovono. Con il Mercato dei Vini, BolognaFiere si consolida come riferimento fieristico di primo piano per i produttori e i consumatori di vini di eccellenza, sostenibili, saldamente legati alla storia e alla cultura dei territori. E ora, appuntamento a febbraio con la Slow Wine Fair 2025».
Per noi adesso, invece, l’appuntamento con 21 cantine di eccellenza artigianale, una per regione, con relativi vini più rappresentativi dal Mercato FIVI 2024. A voi!
21 vignaioli da 19 regioni e 2 province autonome
selezione e recensione da Mercato FIVI 2024 a cura di
C’erano 1008 espositori vitivinicoli a Bologna, abbiamo sentito il dovere di valorizzarne almeno una ventina distribuiti tutto lungo lo stivale. E’ un’inezia, lo sappiamo, ma è il nostro modo per dire grazie al loro lavoro, alla loro passione, al loro impegno, alla loro qualità, al loro spirito. Non ce ne vogliano i tantissimi esclusi che avrebbero meritato altrettanto.
Italia nord
Grosjean Vins (AO) – VALLE D’AOSTA
Eroici? Sicuramente. Biologici? Altrettanto sicuramente. Da oltre dieci anni, prima in regione con largo anticipo, Grosjean ha ufficialmente ricevuto la certificazione “verde” per il massimo rispetto della natura nella vinificazione. Un lavoro che si tramanda di generazione in generazione e che, agli inizi del terzo millennio, ha effettuato la vera svolta verso la contemporaneità. Volti giovani di un’azienda dalle radici antiche che valorizza ecosistema e uve tipiche del territorio. Gamma di alta qualità sul banco di FIVI, e ottimo rapporto con il prezzo; bianchi di fresca sostanza ma sono stati particolarmente i rossi a estasiarci per generosità ed eleganza. La selezione ha lasciato fuori vini “tinti” che meritavano assolutamente la vetrina.
Vallée D’Aoste Petit arvine DOC Vigne Rovettaz 2023 – Un cru di Petit arvine che matura sui 600 m e in cantina fa sia acciaio che, per qualche mese, barrique. La combinazione gli fa evidentemente bene: vino di spessore, dall’olfatto di fiori bianchi, erbe con richiami di agrume. In bocca entra setoso e poi sprizza verve succosa. Finale lunghissimo con ventaglio aromatico floreal-fruttato dal cedro fresco alla caramella al limone su letto di petali e pizzichi vanigliati.
Vallée D’Aoste Pinot Noir DOC Vigne Tzeriat 2023 – Altro cru e altro risultato entusiasmante. Si dice Pinot noir e si pensa eleganza… “banale!” direte voi ma in realtà non sempre è così. Qui il risultato è esemplare, le uve respirano l’aria dei 700 m e vivono di terra, escursione e luminosità che poi si riflettono nel calice grazie a (evidentemente) una sapiente conduzione enologica. I colori del vino sono quelli tipici ma in bocca è tutt’altro che semitrasparente: rosa, giaggiolo, caramella alla fragola e amarena accompagnano unpercorso gustativo ricco con finale prolungatissimo e giustamente speziato che avvalora la capacità nel farlo sostare una decina di mesi in barrique di 3° e 4° passaggio.
Vallée D’Aoste Fumin DOC Vigne Rovettaz 2023 – Dalle vigne Rovettaz un altro campione di qualità fatto da uve autoctone. Un annetto in barrique di 4° e 5° passaggio, quel piccolo tocco di completezza su una base evidentemente pronta a farsi arricchire. Ne esce un liquido floreale, fragrante di piccoli frutti a bacca rossa e nera con ricordi terziari. Assaggio di soddisfazione: concreto, deciso e promettente ma quel promettente che si beve bene anche all’istante. Ancora, ancora una volta, lunghezza esemplare che chiude di balsamico.
Antica Cascina dei Conti di Roero (CN) – PIEMONTE
Cuore, meticolosità, eccellenza produttiva e cordialità: potremmo generalizzare e dire che il 90% delle aziende piemontesi è caratterizzato da almeno 3 di questi 4 valori distintivi. A possederne 4 su 4 non sono però tanti, ma fra questi c’è sicuramente Antica Cascina Conti di Roero che, oltretutto, ha l’ulteriore pregio del rapporto qualità/prezzo entusiasmante. Passione vera, attenzione all’ecosistema e senso di appartenenza a luoghi meravigliosi (e non solo per l’Unesco). Le uve del territorio del Roero vinificate in rosso, in bianco per vini fermi o spumanti metodo classico. Amiamo la loro interpretazione dell’Arneis DOCG così autentica e gustosa ma, dovendo sceglierne tre, stavolta prendiamo altri campionissimi.
Spumante Metodo classico Dosaggio Zero San Giovanni 2020 – Circa 80% arneis e 20% nebbiolo che in blend prendono spuma per oltre un anno e poi riposano per 60 mesi sui lieviti. Una sosta che lo arricchisce in corpo e aromi ma le note di panetteria non sovrastano quelle distintive di fiori di tiglio, nettarina e miele d’acacia. Percorso davvero lunghissimo fra finissima cremosità effervescente e chiusura sapida.
Nebbiolo d’Alba DOC 2022 – Assaggiato in anteprima mostra già la giusta prontezza al consumo e tutte gli attributi del vino eccelso. Lampone, ribes nero, rosa scura con pizzichi speziati dosatissimi da botte grande e barrique non nuova. I profumi spingono ma è la bocca che entusiasma: distinto come nebbiolo ma di persistenza da grande nebbiolo. C’è tutto al posto giusto con note di arancia aggiuntive da giovane esemplare. Definirlo straordinario guardando il valore in euro non è blasfemia ma pura consapevolezza.
Roero riserva DOCG Vigna Sant’Anna 2020 – Vigne di 70 anni esatti che hanno beneficiato di un’annata ottima e lo si capisce anche all’assaggio: avvio complesso di mora, amarena, viola pestata e humus ampliati da tabacco e cacao perfettamente dosati. La botte grande acquieta e completa i suoi tratti di forza innata da nebbiolo in purezza vinificato con lunga macerazione sulle bucce a cappello sommerso. Ha energia e generosità e poi non molla mai sulle papille chiudendo di cannella ed eucalipto.
Marcel Zanolari (SO) – LOMBARDIA
Parlare di questo vigneron vuol dire parlare di un visionario, vuol dire soprattutto parlare di una cantina che non segue i dettami classici delle logiche del commercio a discapito del rispetto della natura. Dire Marcel Zanolari significa parlare di vini che legano indissolubilmente il calice alla terra che rende possibile questa magia. Vuol dire raccontare il coraggio di un produttore che non risente di coinvolgimenti esterni e non cerca compromessi. Vuol dire raccontare di vini autentici, di storie si montagne e di boschi, di terra e di spirito.
Sforzato di Valtellina DOCG – Prodotto da uve di nebbiolo che vengono sottoposte a un processo di appassimento in cantina fino a perdere il 25% del loro peso, prima di avviare una fermentazione spontanea in vasca d’acciaio. Poi un gentile riposo di 36 mesi in barrique di secondo e terzo passaggio. Potente ed elegante regala al fruitore una sensazione di pienezza che pochi altri vini sono in grado di offrire.
Sforzato di Valtellina DOCG Indisciplinato Le Anfore – Altro capolavoro prodotto da uve di nebbiolo dove, sempre dopo appassimento il vino sosta due anni in anfore. Il risultato è un vino pieno e corposo, dove alle caratteristiche connotazioni del nebbiolo valtellinese si aggiunge una verve dispotica. Il vino penetra nel naso ancor prima che in bocca esprimendo tutta la sua complessità data dall’ossidazione controllata in anfora. Il naso è ricco e vira leggermente verso sentori terziari di ammalianti note morbide spezie calde contrastate dalla drittezza tipica del nebbiolo. Un sorso appagante e mai banale accompagna il fortunato fruitore in un viaggio che sembra uno stretto sentiero di montagna dove ad ogni curva si aprono paesaggi diversi e impareggiabili.
Weingut Romen (BZ) – ALTO ADIGE
Giovane, giovanissima cantina sita nel cuore dell’Alto Adige. Romen è una cantina con i piedi ben ancorati nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro, come recitava una canzone di qualche anno fa. Rispetto per il territorio e per il lavoro questa cantina nonostante la giovane età riesce già a stupire per la precisione dei propri vini. Raramente sono riuscito a trovare un sauvignon così espressivo, anzi, direi che i due sauvignon assaggiati riflettono le caratteristiche non solo dei territori ma delle stesse parcelle dove sono state coltivate le viti. I vini riflettono l’Alto Adige in tutte le sue sfumature morfologiche, da quelli prodotto a valle a quelli cresciuti in altitudine.
Alto Adige Sauvignon DOC Luma 2023 – Senza troppi giri di parole il vino che più mi ha impressionato dell’intera manifestazione. Suoli argillosi e calcarei, escursioni termiche tra giorno e notte, raccolta a mano e chiarificazione per sedimentazione. Colore brillante e naso sorprendente. Un vino salino, fresco, teso. Un sorso come una spada e una complessità difficile da dimenticare. Vive della sua mineralità contrapposta a quella pienezza probabilmente donata sia dalla complessità delle uve che da quell’armonioso passaggio in legno; un vino esperienziale.
Alto Adige Sauvignon riserva DOC Alto 2022 – Produzione di nicchia, ancora di più delle già poche altre bottiglie prodotte, fatta dalle uve allevate in altitudine. Passaggio in legno che dona ampiezza e complessità ad un vino per sua natura insito di una freschezza e sapidità che solo i migliori terreni dolomitici riescono a fornire. È un contrasto armonioso di emozioni dove il legno gioca un ruolo determinante. Emergono le note boschive, erbacee, la freschezza è dirompente ma il passaggio in legno gioca a controbilanciare il tutto con una apertura nel palato unica.
F.lli Pisoni (TN) – TRENTINO
A Pergolese di Lasino nella Valle dei laghi trentina, Pisoni porta l’antica tradizione vitivinicola a incontrare nuove sperimentazioni seguendo il fattor comune dell’amore per la terra e il territorio. Lavoro operoso, convinzione che tutto debba seguire i valori, i cicli e i ritmi cadenzati da madre natura. Gli studi presso l’Istituto Agrario di San Michele hanno dato ai cugini Marco e Stefano quella consapevolezza tecnica da applicare a una filosofia spinta verso la coltivazione biologica e naturale ispirata alla biodinamica. Da loro la Nosiola (eccellente in versione passito) e rossi di alta categoria con l’imbarazzo della scelta e, in più, varietà PIWI.
Vigneti delle Dolomiti bianco IGP Mesum – Un vino che si ispira a un mondo antico ma lo fa in stile moderno. Il vigneto riprende fedelmente l’affresco del “Ciclo dei Mesi” nel Castello trentino del Buonconsiglio come omaggio alla tradizione ma l’uva è PIWI coltivata in biologico e biodinamico. Sta un anno in anfora e i profumi fruttati di albicocca e mango si esprimono al massimo. Sulla lingua e in espirazione impressiona per piacevolezza e resistenza ai secondi. Diretto e saporito.
Vigneti delle Dolomiti rosso DOC Sarica 2021 – Il Sarica ha vinto la sfida della nostra vetrina superando il “fratello” Reboro (da uva tipica Rebo). Lo ha fatto perché figlio di un blend inusuale riuscito in modo magistrale. Syrah 80% con Pinot nero, tipo cane e gatto, che impressionano per integrazione reciproca. Intendiamoci: 14,5% e grande ricchezza ma il bilanciamento è esemplare, di equilibrio perfetto dopo due anni in legno di variegata dimensione che ti arrivano ai sensi con evidenti note pepate, di mirtillo, di sigaro e carne con ricordi di chinotto sul finale incalzante secondo dopo secondo. Divertente, proprio.
Trentino Vino Santo della Valle dei Laghi DOC 2008 – Nosiola uva di queste parti, Nosiola uva da Vino Santo, un vino fantastico come il loro. Grande espressività, e perfetta integrazione di dolcezza e acidità. Ne esce un succo che sembra profumare di tutto lo scibile, soprattutto mango, papaya, fico, frutta secca marmellata di cedro, miele di acacia. Colpisce per la sua freschezza, 16 anni dalla vendemmia e non calcolarli: piacevolezza tattile e fresco finale di arancia. Potremmo pure abbinarlo a delle brioche ma berlo da solo è un’esperienza che non vorresti mai interrompere. PS: in assaggio c’era anche il 1978…
Carlo Alberto Negri (VR) – VENETO
Vigne esposte a sud-ovest, attenzione e cura per il territorio e un giovane vignaiolo che propone una sua romantica visione di un’uva che storicamente gioca un ruolo di prim’ordine nel panorama vitivinicolo mondiale. Questa l’essenza di quello che si può trovare presso l’azienda che porta il nome di questo giovane vigneron radicato nel cuore della terra elettiva dell’Amarone. Carlo Alberto Negri propone una gioventù in controtendenza con l’irruenza e la sfrontatezza a cui siamo abituati, nei suoi vini si scopre già l’eleganza, il rispetto e la grazia di chi si avvicina al vino con un’eleganza propria di un altro non dimenticato periodo storico.
Amarone della Valpolicella DOCG 2019 – Suoli calcarei-argillosi, impianti a guyot, rese controllate. Un amarone che rispecchia a pieno l’eleganza del produttore. Una prima annata in commercio che getta solide basi per un futuro raggiante all’insegna della misura; sensazioni nitide ed eleganti al naso che rispecchiano una gentilezza di bevuta che sorprende.
Soave DOCG 2020 – Pergola veronese e viti vecchie, basse rese, 30 % in legno e 70 % in acciaio per 12 mesi poi riposo in bottiglia restituiscono al palato l’essenza del nome stesso del vino, soave. Vino che nonostante la sua grazia riesce a colpire per la vivace sapidità misurata ad un’ottima apertura floreale. Un vino da bere in agilità ma non per questo risulta banale. Semplice, come solo in rari casi accade, non vuol dire facile.
Murva (GO) – FRIULI VENEZIA GIULIA
L’azienda nasce nel 2009 da un progetto di vita e d’amore dei coniugi Renata Pizzulin e Alberto Pelos. In questi anni, l’espansione degli ettari produttivi, passati da 1 solo agli attuali 4, è coincisa con la crescita della famiglia, con la nascita dei figli Marco e Tommaso. I vigneti di Murva sono dislocati principalmente a Moraro e in parte nel vicino comune di Mariano del Friuli, in un’area circoscritta di circa 3 chilometri. La diversità pedologica è comunque ampia, variante dal calcareo dolomitico all’argillo marnoso, tipico aspetto della geologia della valle dell’Isonzo, plasmata nell’ultima era glaciale dall’avanzamento e dal ritiro dei ghiacciai. Anche gli aspetti climatici trovano, in questa zona, uno speciale equilibrio, frutto della vicinanza dell’Adriatico che mitiga le asperità continentali. I nomi dei vini prodotti sono gli antichi toponimi delle zone in cui i vigneti sono impiantati e rappresentano egregiamente il legame di questa famiglia con il territorio.
Friuli Isonzo Chardonnay DOC Paladis 2022 – Dalle vigne più prossime al corpo aziendale nasce questo chardonnay in purezza, coltivato su di un terreno limoso argilloso, capace di trattenere bene l’acqua e cederla in modo graduale. Come gli altri bianchi prodotto dall’azienda, questo permane 11 mesi sui lieviti, non viene filtrato e riposa per almeno un anno in bottiglia. Il colore è dorato vivace. Profumi di ananas e mela gialla matura, biancospino, fiore d’acacia, piccola pasticcera, santoreggia ed ematite. L’equilibrio gustativo tra le componenti è arricchito da una freschezza vivace dai refoli minerali, che portano la persistenza a un piacevole finale fruttato e saporito.
Friuli Isonzo Sauvignon Blanc DOC Corvatis 2022 – Vigneto posto su di un terreno calcareo-dolomitico nel comune di Mariano, a Corona, tipicamente rosso per la ricchezza in minerali ferrosi. Vino dal colore giallo paglierino luminoso. Impatto olfattivo intenso e suadente di mela golden, ribes bianco, uva spina, fiore di sambuco, foglia di pomodoro e pietra focaia. Al gusto è fresco, la struttura è ben bilanciata e concordante nello sviluppo gustativo al naso, con percezioni saporite di agrume.
Friuli Isonzo Malvasia DOC Melaris 2021 – Le vigne da cui viene prodotto questo vino si trovano nel comune di Moraro, su di un terreno di media tessitura, con una buona esposizione. Paglierino carico dai riflessi dorati. Al naso si presenta con profumi pesca e melone freschi, biancospino, salvia, timo e origano, avvolti da sensazioni iodate. Il sorso è ampio, avvolgente e fresco, la struttura persistente porta le sensazioni minerali a sposarsi con il frutto nel gustoso finale.
Barbaterre (RE) – EMILIA ROMAGNA
Cantina intimamente legata al territorio dove la fanno da padrone l’unione degli uvaggi tipici del territorio come il lambrusco grasparossa, salmino, malbo gentile e marzemino e vitigno internazionali come pinot noir, cabernet sauvignon e sauvignon blanc. Quello che colpisce maggiormente in Barbaterre è che in questa cantina emiliana si riesce a riconoscere una chiara mano allo stesso modo sia che si tratti di uvaggi classici della zona sia che si tratti di internazionali. Tutti i vini assaggiati rispecchiano quel “je ne sais quoi” di sensazioni che ti fanno subito ben capire in che zona siano stati prodotti e, come si può ben immaginare, questa è una delle massime ambizioni alla quale una cantina dovrebbe tendere.
Pinot nero dell’Emilia IGT Pèder 2019 – Pinot noir di grande finezza, gusto misurato, con l’impronta del territorio in cui viene coltivato. Espressione fedele del vitigno che trova nelle colline reggiane una non banale ed ispirata dimora, in cui i vigneti sono caratterizzati da un microclima unico e arricchiti da terreni di matrice argillo-calcarea, tipica espressione delle terre matildiche. La differenza dei pinot noir ispirati da altri territori è la grande spinta sapida che spinge il vino ad una verticalità struggente ed una beva compulsiva. Un vino che riesce a non stancare mai.
Lambrusco dell’Emilia IGT Arsàn 2021 – Nella terra di lambrusco produrne uno non banale è già di per sé un ottimo risultato. Nato da blend di Grasparossa, Salamino e Malbo gentile, è un vino che restituisce il carattere autentico del lambrusco rifermentato in bottiglia secondo un modo di operare che appartiene alla tradizione vinicola emiliana. Il sorso come ci si aspetta è vibrante e fresco, schietto. È un vino della terra fatto per la terra da cui nasce. La spuma ricca, il sentore di china e il finale amaricante stimolano come pochi altri la convivialità e il buon cibo.
La Pietra Del Focolare (SP) – LIGURIA
Siamo sempre affascinati dalle storie di confine, dove la perseveranza dell’uomo travalica le difficoltà imposte da madre natura. I Colli di Luni sono un territorio deve la Liguria da lontano strizza l’occhio alla Toscana, dove far vino vuol dire avere un rapporto diretto con la terra. Il territorio non concede l’utilizzo macchine in vigna, il volere dell’uomo sfocia in quella che si può definire agricoltura eroica. Un territorio dove, citando dal sito di Pietra del Focolare, l’uomo si è adeguato al ritmo delle stagioni, dove gli antichi borghi sulle colline dialogano con l’orizzonte e dove ancora i canti dei contadini prendono voce al calare della sera.
Colli di Luni Vermentino superiore DOC Solarancio 2023 – 100% Vermentino, tini di acciaio inox e decantazione naturale. Un vino che respira del sole che abbraccia le vigne. Gentili influssi marini parlano al vino rendendone vivo il sorso, piacevoli note agrumate si sposano con le erbe aromatiche. Vivo nel colore ancor prima che nel sorso si ha dichiaratamente l’idea di star bevendo una stilla di sole.
Colli di Luni Vermentino DOC L’Aura di Sarticola 2021 – Altro vermentino in purezza si racconta per essere il cru dell’azienda. A differenza del fratello sosta in botti grandi di rovere che conferiscono al vino sin dallo sguardo una profondità ammaliante. Sicuramente un vino più complesso sia al naso che in bocca dove danzano le note di un complesso impianto aromatico che va a braccetto con la freschezza dell’agrume. Un Vnno al contempo vivace e ammaliante che restituisce l’essenza di un territorio che va saputo conquistare.
Italia centro
Tenuta Ceri (PO) – TOSCANA
Azienda che sa unire la grande tradizione di Carmignano con la modernità e la massima attenzione su tutta la filiera alla natura circostante. Il territorio è l’anima di Tenuta Ceri: 16 ettari di vigneto su terreni argillosi e ricchi di scheletro che si fondono con l’ecosistema boschivo. La vinificazione si svolge in tulip di cemento non vetrificato, strumenti perfetti per donare risalto alla purezza e all’espressività delle uve. La cantina che gli accoglie è poi speciale: nata dal sogno di Edoardo di creare uno spazio funzionale e innovativo, si presenta con linee contemporanee e ampie vetrate che valorizzano il paesaggio toscano. Parzialmente ipogea, si integra nell’ambiente naturale, rispettandone l’armonia e garantendo un’elevata efficienza energetica. Dalla gamma ci siamo scelti i vini più rappresentativi di questi valori.
Barco Reale di Carmignano DOC Barbocchio 2022 – blend tradizionale di Sangiovese (70%), Cabernet (20%) e Merlot (10%) che si distingue per il suo carattere tipico e vibrante, grazie anche a una fermentazione parziale a grappolo intero. Da un calice carminio con riflessi rubino emergono effluvi di iris, ciliegia ed erbe balsamiche. La perfetta integrazione dei tannini potrebbero anche permettergli di essere servito a una temperatura più bassa, esaltandone la freschezza e conferendogli una mggior versatilità negli abbinamenti.
Carmignano DOCG Rigoccioli 2021 – Sangiovese 90% con Cabernet maturato per un anno in botti Mittelberger da 20hl ci offre un’esperienza più profonda. Al naso si presenta con una vivace esplosione fruttata di ribes rosso in gelatina, arancia sanguinella e violette appassite, arricchite da eleganti sentori terziari di chiodi di garofano e una lieve nota di polvere di cacao. In bocca la succosità iniziale si sviluppa in una trama tannica vellutata, conducendo verso un lungo finale, dove riemergono le note agrumate.
Carmignano riserva DOCG L’Arrendevole 2020 – Un vino che pare avere uno stile senza tempo, prodotto esclusivamente nelle annate migliori con il blend del Rigoccioli (Sangiovese 90%, Cabernet 10%) ma proveniente dai vigneti più vecchi dell’azienda, che donano maggiore tridimensionalità e carattere. Già visivamente sa affascinare con i suoi lampi granato, preludio a un’espressione olfattiva ricca e cangiante. Il bouquet spazia tra note di amarena in confettura, pot-pourri, boero e delicate sfumature di spezie dolci, che contribuiscono al suo fascino. Al palato è slanciato, di freschezza ben bilanciata che ne esalta la struttura. Il finale è di grande persistenza, impreziosito da un epilogo saporito che ne amplifica ulteriormente l’eleganza.
Cantina La Spina (PG) – UMBRIA
Con Cantina La Spina ti ritrovi catapultato in un’Umbria a tratti sorprendente, inaspettata. Poche regioni l pari di questa evocano nella mente natura, boschi verdi e uomini veri. Tutto questo si ritrova assolutamente nelle bottiglie ma si percepisce che c’è dell’altro. Si percepisce che catalogare questa cantina come rispettosa guardiana di tradizioni e natura sarebbe non rendere a pieno merito al lavoro di ricerca intrapreso e perseguito. I vini sono prodotto della terra e dell’intelletto, i risultati sono non banali e assolutamente inaspettati.
Umbria rosso IGT A Fortiori 2022 – Nebbiolo. In Umbria. Nebbiolo. Qui la descrizione potrebbe finire e catalogare questo vino a mera voglia di sperimentazione e di mode. Nulla di più sbagliato. Veniamo a scoprire dal produttore che il nebbiolo è stato portato in questo territorio a partire dall’unità d’Italia e per un appassionato già il solo poter ascoltare i racconti storici fatti crea un primo appagamento ineguagliabile. Ma poi c’è il vino, e se quello non è buono tutto muore. Lui è un gran vino. Punto. Un vino che bevuto alla cieca solo sapendo la regione di produzione ti spiazza. Pensi all’Umbria vitivinicola e pensi a sagrantino, pensi a vini strutturati e tannini muscolosi. Qui tutto è ribaltato; dalla struttura elegante e fine al tannino presente ma gentile, dal colore delicato al naso espressivo. Un viaggio alla scoperta di una terra che è altrimenti e che andrebbe probabilmente rivalutata passando oltre le abituali concezioni a cui siamo servili. Questo concetto probabilmente è quello che rende il vino un veicolo di unione dei luoghi e delle persone come null’altro.
Tenuta San Marcello (AN) – MARCHE
Sulle colline Marchigiane a circa 290mt sul mare, nell’entroterra di Senigallia, si trova una terra singolare, di tipo argilloso calcareo che, combinata all’aria salina portata dal vicino mare, crea un connubio che regala ai vini una unicità che ripercorre le orme ancestrali di un passato dal presente e futuro raggiante. Il vitigno principe che regala maggior espressività è il Verdicchio dei castelli di Jesi. Vendemmie a mano e vinificazioni spontanee rendono i vini unici nelle loro annate rispettando il territorio e l’annata di produzione esaltandone le peculiarità che variano col passare degli anni. Nelle bottiglie di Tenuta San Marcello, prodotte sia con inox che in anfora, si rispecchia una connessione con un territorio unico e massima e inimitabile espressione di un vitigno.
Marche bianco IGT Cielo Sommerso – Poche cantine si identificano in un vino sopra tutta la produzione e Tenuta San Marcello è una di queste. Per produrre un verdicchio in purezza che sia completo nelle sue note avvolgenti e vellutate dopo il passaggio di nove mesi in anfora e non risulti stucchevole è necessario che le uve abbiano incamerato tutto il meglio di un territorio fatto di argilla e calcare, di influssi marini e venti salmastri. Questa bottiglia rappresenta, più di ogni altra una filosofia di pensiero che pone sopra ogni cosa il rispetto per il terroir, magistrale unione tra lo scorrere del tempo, le condizioni climatiche, la terra che lo nutre e il rispettoso lavoro dell’uomo. Il vino che ne risulta è avvolgente e persistente, vellutato e sapido, con tannini leggermente accennati e sensazioni di frutta secca, note orientaleggianti e finale mieloso.
Le Cerquette (RM) – LAZIO
Cantina del cesanese in tutte le sue declinazioni, dal bianco al rosso questa cantina di recente nascita hanno sposato la causa di riportare in auge probabilmente uno dei pochi, se non l’unico vitigno autoctono di una regione che è sempre rimasta un po’ ai margini dei rinomati disegni dell’enologia italica. Per farlo, Le Cerquette ha scelto la strada che probabilmente è quella più impervia: quella del biologico. Cercando attraverso una continua sperimentazione di produrre dei vini che rispettino i canoni dei vini naturali nonché del patrimonio enologico del passato, con un attento sguardo al futuro.
Cesanese di Olevano Romano DOP Waco 2021 – Vino icona del territorio di provenienza dal colore rosso rubino con riflessi purpurei. Al naso rivela note floreali, tra cui predomina la viola, e di frutta rossa, mora e prugna. Lo arricchiscono sentori di spezie dolci scure e di anice stellato, uniti a cenni selvatici. Il sorso offre una piacevole bevibilità, immediata e godibile. Dal gusto equilibrato e coerente, per la sua trama tannica di spessore, è un vino che sprigiona una vivace personalità animata da una buona sapidità.
Vino bianco Chiomé 2021 – Versione in bianco del classico cesanese che conferisce al vino un ammaliante colore giallo pieno con riflessi di buccia di cipolla. Nel calice rivela una gustosa nota aromatica con sentori di frutta a polpa gialla. A temperature più alte dona note più selvatiche, tipiche dei grandi cesanesi, ed erbacee, unite a una vena minerale e ad una freschezza balsamica e speziata. Più di un sorso è necessario per comprenderne il carattere complesso. È delicato e fresco, lievemente aromatico e dalla persistenza soavemente ammandorlata. La tannicità richiama una personalità più agreste, manifesto dello spirito contadino del produttore.
Azienda Agricola Pesolillo (CH) – ABRUZZO
Una cantina con uno spirito giovane che non ha paura di riscrivere la storia di una regione. Pesolillo ha forti radici nel passato ma una chiara e ferma proiezione verso il futuro. Capaci di coniugare la tradizione dei montepulciano d’Abruzzo con la sperimentazione della spumantizzazione della passerina, perché riscrivere il futuro può essere una affascinante missione. Il forte legame con le radici vinicole della zona si rispecchia nei calici ma ridurre la produzione a questo parrebbe limitativo; alla cura per i vari passaggi dal terreno alla bottiglia si accompagna un filo conduttore di ricerca ben attenta alla tradizione e al rispetto per la natura.
VSQ Passerina Brut – È possibile creare una buona bolla in Abruzzo? Probabilmente questa era la domanda che ha mosso i produttori quando hanno iniziato ad intraprendere questa strada. In effetti a bere questo spumante si potrebbe dire di sì, o quantomeno che la via imboccata è quella che porta a grandi risultati. Carattere fresco e marino abbinato a più classiche note di crosta di pane e frutti bianchi fanno di questa bottiglia una piacevole sorpresa che probabilmente bevuta alla cieca sorprenderebbe anche i palati più esigenti.
Montepulciano d’Abruzzo riserva DOC 2020 – Tradizione ferma declinata in chiave moderna. Al colore scuro e pieno classico del Montepulciano si abbina una fresca nota marina sul finale che risveglia alla fine di ogni bicchiere il desiderio di versarne ancora. Il legno gioca un ruolo preponderante e funge da cassa di risonanza per i sentori di frutti rosso, di legni e tabacchi, di spezie e mandorla. Fosse finito qui si potrebbe pensare semplicemente ad un vino ben fatto, ma la nota fresca e salina del finale portano il calice ad un livello superiore a quanto aspettato.
Cianfagna (CB) – MOLISE
La posizione geografica è ideale, i terreni pure, la voglia di fare grandi vini appare scontata parlando qualche minuto con Vincenzo Cianfagna. Nel comune di Acquaviva Collecroce, quell’entroterra molisano dove la tradizione si può ancora toccare con mano, a 500 m di altitudine e 30 km dal mare, Cianfagna coltiva e valorizza l’uva Tintilia nelle sue peculiarità più sincere. Cinque ettari con tanta argilla, coltivazione e vinificazione quasi da integralista in fatto di rispetto per uva e natura portano nel calice vini sinceri, diretti e sostanziosi. Dai molisani vogliamo Tintilia e qui non è mancata ma la Cantina coltiva anche Aglianico che trasforma in vino di corpo e carattere che che quasi intimoriscono per sostanza e austerità.
Tintilia del Molise DOC Sator 2019 – Ispirato al celebre quadrato magico palindromo e al suo significato di “seminatore”, il vino pare davvero sfruttare forze arcane per regalare sensazioni organolettiche così ampie facendo solo acciaio. Mora di rovo, liquirizia, erbe officinali, humus sono prevalenti su una distensione aromatica di bocca che colpisce per pienezza. Sostanza e sostegno tannico di alta categoria, alcol corroborante e tipicità varietale. Rapporto qualità/prezzo sorprendente.
Tintilia del Molise DOC Pietrafitta 2015 – Prende il nome dalla contrada dei suoi vigneti ma rende comunque ben l’idea del suo estratto. Sempre, rigorosamente, Tintilia e acciaio con risultati ancora estasianti per chi ama il vino ricco a prezzi modici. Ottenuto da pigiato di uve usate per Sator, il Pietrafitta è generoso, uno di quei vini che ti riescono solo se sei bravo e hai le prerogative in vigna per farlo. Mirtillo, grafite, ginepro, fiori scuri macerati e spezie che al naso introducono un ingresso di bocca inizialmente morbido per poi svelare durezze giovanili, i suoi tratti tannici promettenti e un alcol che lo rende un vino estremamente espressivo, un “supermolisan”…
Aglianico del Molise riserva DOC Militum Christi 2012 – Su terreni più gessosi, Vincenzo coltiva grappoli dell’uva più rappesentativa del sud, ne dà una versione tutta molisana e la confeziona in bottiglia regale e opulenta in pieno stile “aglianico” di alto livello. La sostanza però non manca di certo, anzi, impressiona. A dodici anni dalla vendemmia, un collage di sensazioni intense: pansé, rabarbaro, mora gelée, cannella, cacao amaro, marasca sotto spirito. In bocca l’avvio è di arancia: saporito, fresco e gustoso, poi si apre di frutta e sulle papille non si appoggia certamente leggero ma entusiasma per persistenza ed energia. Guardi poi il prezzo e dici: “no, non è possibile…”.
Italia sud e isole
Luigi Maffini (SA) – CAMPANIA
Echi lontani del lavoro di un uomo, come recita l’intro della presentazione sul sito di Luigi Maffini. Echi di silenzi e saperi di terre millenarie, echi di tradizioni tramandate in luoghi sconosciuti alle grandi masse disattente di consumatori frettolosi. Bevendo i vini prodotti qui si ha l’idea che non ci sia presente senza passato, e non ci sia futuro senza presente. I vini sono espressione di saperi che non possono essere insegnati ma scorrono nel sangue di chi popola queste terre da sempre. Vini che hanno un che di mistico, che comunicano di immutabili sapori del tutto moderni.
Cilento Aglianico DOC Siopè 2018
Aglianico che non fa della potenza il suo tratto distintivo, anche se ben marcato. Porta in primo piano la gentilezza e la finezza di saperi contadini che lavorano le uve in modo quasi arcaico, di un altro tempo. Quello che sentiamo al naso, frutti di bosco scuri, spezie, tabacco, viene ripresentato in bocca con una delicatezza propria solo della miglior tradizione agricola. Una bella bevuta per chi vuol fare un ideologico salto in un altro tempo.
Cilento Fiano DOC Kràtos 2023 – Il vitigno principe della zona, il fiano, si sviluppa in questo vino sin dal colore con una profondità, sebbene nella sua limpidezza, che impressiona. Entra in bocca fresco e dritto per poi aprirsi e regalare una gamma di morbidezze a cui è difficile rimanere indifferenti. I frutti passano da quelli freschi del territorio a quelli di viaggi esotici, il sottostrato è una calda coperta di miele d’acacia e albicocca disidratata. L’equilibrio tra la partenza verticale e l’orizzontalità finale crea un gioco nel palato che non annoia mai.
Musto Carmelitano (PZ) – BASILICATA
Filosofia innovativa, contemporanea, con la natura e l’Aglianico puro al centro di tutto. Elisabetta e Luigi portano avanti il progetto del padre dal 2007, le loro idee all’epoca sembravano pionieristiche, oggi i risultati danno loro ragione ma lo stile è rimasto lo stesso: la viticoltura biologica, lo spirito familiare, l’Aglianico del Vulture secondo terra, madre di tutto. I loro vini sono diretti, senza fronzoli e sinceri. Oggi sono più o meno 7 gli ettari di lavoro con eterogeneità peculiare delle vigne. Una differenza che si è voluto riportare anche nel nome dei vini più importanti di Musto Carmelitano.
Rosato di Basilicata IGT Maschitano 2023 – Dal vigneto Vernavà, affina in cemento e al naso porta tanti fiori freschi e lampone, mentre in bocca c’è decisione e spinta polposa. Acidità rilevante sostenuta da grado, estratto importante per la tipologia e buona persistenza sapida. Il classico rosato da primo al ragù o secondo di carne rossa leggero.
Aglianico del Vulture DOC Serra del Prete 2020 – Dal vigneto omonimo, un vino rappresentativo che fa solo acciaio e cemento ed è emblematico del varietale protetto ed espresso in tutti i suoi attributi sensoriali. Ha concretezza, nerbo e scalpita con i suoi aromi di frutti scuri, lavanda e ricordi di cacao. Ancora giovanissimo, qualche anno per l’equilibrio nel calice, ma i suoi tannini sono già perfetti per l’abbinamento a carne saporita e untuosa.
Aglianico del Vulture DOC Serra del Prete 2019 – Da vigne fra gli 80 e i 100 anni, un liquido concentrato, figlio di una Aglianico davvero prestigiosa. Non solo acciaio ma anche un annetto in barili di rovere che gli fanno benissimo per ampliarlo e domarlo un minimo in tutta la sua gioventù. Dal suo violaceo esce tanta mora, glicine, cuoio, grafite, un po’ di sulfureo accompagnato da macchia mediterranea e cioccolato. Anche in bocca è un potenziale in “esplosione”, durezze protagoniste ma tannini esemplari e lunghezza fruttata impressionante per il suo attuale stato evolutivo. Cassa da sei bottiglie da berne una ogni lustro, please…
Estasi vini (BT) – PUGLIA
Ragione sociale che dice tanto sull’obiettivo di Franco di Filippo, attuale titolare di Estasi vini. Azienda di fine 1800 che oggi gioca la carta più moderna ed esclusiva per la nota e pregiata uva del territorio: il Moscato reale di Trani. O spumante o passito, senza mezze misure se non nel residuo per una gamma intrigante che nasce da una doppia vendemmia: nella prima decade di agosto per la base dei Metodo classico, oppure a fine ottobre dopo l’appassimento naturale in pianta. Armonia, sinfonia, allegria, melodia… le declinazioni zuccherine dei suoi spumanti. Ci siamo scelti l’ultima, il demi-sec millesimato e due passiti di alto livello.
Spumante metodo classico Estasi in melodia 2017 – Dopo 24 mesi di affinamento sui lieviti, il vino viene dosato anche con l’aggiunta di passito come piccola gemma di spirito incastonata in uno spumante davvero bilanciato che, badate bene, non si disdegnerebbe certamente per un aperitivo gourmet estivo con sfoglie salate e frutta. La sua sostanza è tale da far divertire anche su formaggi freschi, in bocca il perlage stuzzica e il residuo è vincente per la progressione temporale in lunghezza di aromi, dalla frutta esotica ai fiori gialli alle erbe officinali.
Moscato di Trani passito dolce DOC Liberty – Tipico, territoriale, aromatico a distanza dal naso e poi suadente sulle papille. Il rischio è sempre la mielosità tattile ma qui la gestione è stata sapiente. Incipit di agrumi canditi, poi caramello, salvia, cioccolato bianco alleggeriti da buona acidità intrinseca e scia succosa salina di buona resistenza conclusiva.
Moscato di Trani passito secco DOC Liberty – La versione secca entusiasma ben oltre le aspettative. Di uve aromatiche trasformate in vino senza resuiduo se ne trovano tante e di gustose però qui la qualità originaria dà evidentemente un “plus” che ti trasporta lungamente fra aromi di albicocca, mandorla, zagara e pappa reale mantenendo una costante percezione del corpo e non chiudendo con l’amaricante dell’alcol ma con la piacevolezza del frutto sempre fresco.
Cantine Iusi (CS) – CALABRIA
Una realtà vitivinicola appena nata e ancora non presente ufficialmente sul mercato che ci ha appassionato da subito. L’obiettivo di Eugenio Iusi è chiaro e si manifesta ai nostri primi sorsi: dare valore al territorio pedesilano non solo lanciando quell’autoctono Magliocco dall’eccellente potenziale ma anche sperimentando con successo su uve un po’ più insolite per questo spicchio d’Italia che per decenni ha lavorato in quantità e oggi alza fiero la testa quando si parla di eccellenza nel calice. A servirci il vino c’era la seconda generazione, i giovani Massimo e Vittorio che ufficialmente si occupano di altro ma che non si tirano certamente indietro davanti a quelle occasioni, come FIVI, che possano dare il giusto valore al lavoro familiare di Cantine Iusi e alle terre cosentine. In questo momento, il rapporto qualità/prezzo è pazzesco.
Calabria rosso IGP Sileno 2022 – Solo Magliocco che matura in acciaio e un pochino in tonneau di rovere. Scura veste, quasi minaccioso e già dai primi secondi capisci che qui ci sarebbe da starci sopra minuti per farlo uscire dal bicchiere in tutto il suo potenziale. Mirtillo, ribes nero, fiordaliso, cumino, cacao pizzichi pepati che in bocca dispensa personalità in lunghezza. Sull’aspetto tattile adesso è contratto, spigoloso ma la giusta necessità di uscire e presentarlo agli appassionati obbliga a comprenderlo in tutto il suo essere promettente “cavallo di razza”. Se il buongiorno si vede dal mattino, fra un decennio sarà fra i top regionali.
Calabria rosso IGP Fonte rubra 2022 – Un blend inusuale che mette l’eleganza del Nero d’Avola (70%) con la forza del Cabernet sauvignon. L’elite enoica avrebbe forse storto inizialmente il naso ma si sarebbe incuriosita alle parole “fa solo acciaio”. Come il fratello Sileno si mostra intimidito, come un campione arrivato in un luogo sconosciuto e messo al centro dei riflettori. Al naso sta sulle sue, arrivano soprattutto fiori e frutti scuri ma si capisce che (avendo tempo) ci sarebbe altro. L’altro si capisce però in bocca e si comprende che il vino è davvero di qualità, una distintiva sinergia fra uve ben coltivate e vinificate che porterà lontanissimo ma che adesso è davvero rigida, fatta di acidità e tannino da stemperare. Una scommessa per il futuro già vinta in partenza a un prezzo irrisorio per valore.
I Custodi delle vigne dell’Etna (CT) – SICILIA
Un progetto nobile che interessa molte mani degli storici vignaioli della “Muntagna” e costantemente coordinato dalla competenza e passione dell’enologo Salvo Foti. Il recupero dei vigneti, la ricerca della modernità qualitativa proteggendo il patrimonio arrivato dai secoli passati, la salvaguardia di viti antiche in zone fra i 600 e i 1200 metri su ogni versante dell’Etna: I Custodi delle vigne dell’Etna hanno una gamma fatta sull’interpretazione di ogni appezzamento e secondo la predisposizione della vite su ogni parcella con parola chiave: sostenibilità. Carricante, Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e un po’ di Alicante convertiti in vino dalle eterogenee sfumature organolettiche, per ogni palato che però vuole il territorio nel calice.
Etna bianco DOC Aedes 2023 – Dal versante nord, un blend a prevalenza Carricante unito ad altre uve del luogo per un vino di piacevolezza immediata. Lo abbiamo selezionato per questo, perché capace di fare bene il suo dovere, con appagamento all’olfatto, i suoi fiori bianchi freschi e la mineralità che in bocca si trasformano in vivacità dal sapore di limone e bergamotto, erbe aromatiche con finale sapido, lungo ed elegante.
Etna bianco superiore DOC Imbris 2019 – Da Contrada Caselle, versante est, a oltre 800 metri, un Carricante con tutte le doti per essere top. Vede solo l’acciaio in cantina e si acquieta per almeno 24 mesi in bottiglia. Sprizza al naso con note di pietra bagnata, iodio, pietra focaia poi lascia spazio al cedro e al biancospino. In bocca entra deciso, verticale di lime e ananas, incalzante e polposo con finale di ginger. Un vino di alta categoria, di spessore, che (per capirsi) ancora deve dare il meglio di sé
Etna rosso riserva DOC Saeculare 2014 – Nome esplicativo per questo blend di Nerello Mascalese (80%), Nerello Cappuccio e Alicante che maturano su vigne del versante nord, piante antichissime, fino a 250 anni di età. Matura per almeno due anni in tonneau e altrettanti li riposa in bottiglia prima di uscire. Così lo pensi, così lo speri e così lo senti: ricco, signorile, ampio e sostanzioso che pare sublimare ogni peculiarità dei vitigni. Il tannino è ancora rigido ma sontuoso e nonostante la tenacia non riesce a frenare il lungo percorso di frutta nera, liquirizia, caffè in grani su petali di viole e glicine. Altamente espressivo.
Pusole (NU) – SARDEGNA
Dall’Ogliastra, un’azienda agricola dall’inequivocabile senso di appartenenza. Solo uve autoctone, regime biologico e la ferma volontà di mettere in bottiglia qualcosa di speciale, di peculiare da una terra particolarmente vocata all’interno di una regione dove il vino non è solo tradizione ma ancora costume e bevanda di vita quotidiana. A pochi chilometri dal mare con le spalle coperte dal Gennargentu, le vigne di Pusole godono di un clima estremamente idoneo, un notevole punto di partenza da sfruttare lavorando i campi con cura, con metodi tradizionali e nel massimo rispetto del suolo e dell’ambiente circostante. Ci siamo divertiti con i loro vini, così espressivi, così sinceri, dal cannonau bianco a quello nero.
Ogliastra Bianco IGT Karamare 2023 – Da uve di cannonau bianco, un “quasi orange” da uve che macerano per 10 giorni e che si “acquieta” con 6 mesi di barrique. Ricco in profumi di frutta, dall’albicocca al mandarino, dalla pesca al passion fruit, si esprime sia al naso che al palato con ricordi aromatici di macchia mediterranea, mandorla e salmastro. Corpo sostanzioso con buona persistenza che non teme carne bianca sul piatto.
Ogliastra Rosso IGT Casesparse 2023 – Ci siamo assaggiati l’ultima annata di un vino che ci ha entusiasmato per sostanza e freschezza. 90% Cannonau nero e 10% di uva Monica vendemmiata tardivamente che insieme, ben dosate, hanno dato al vino un profilo altamente intrigante. Fiori rossi, lentisco, mora fresca e tocco speziato ma è soprattutto in bocca che colpisce per verticalità succosa, tannino ben integrato e costante ritorno di frutti scuri davvero lungo.
Cannonau di Sardegna DOC Pusole 2022 – Tipicità al potere in questo Cannonau in purezza dal colore luminoso, regale e tipico semitrasparente. Solo acciaio è una bella sfida che Pusole vince con avvio floreale coerente e inebriante di rosa e ibiscus, poi ciliegia, mirto e ricordi carnosi. All’olfatto è diretto, piacevolissimo ma senza grandissimo ventaglio però in bocca ha un succo che ti conquista per pulizia, eleganza e finale salino dai ritorni ancora una volta di fiori rossi. Un vino assolutamente peculiare, che sicuramente piacerà sia agli intenditori che ai semplici appassionati
Il Mercato FIVI rimane qualcosa di davvero speciale.
foto: Paolo Bini, Bernardo Coresi e Emiliano Bogani
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