Sudafrica: black wines matter

Black wines matter: forza, entusiasmo e tanto coraggio nella transizione del vino sudafricano


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Con una viticoltura che risale al XVII secolo, il Sudafrica è il paese vinicolo più antico del Nuovo mondo. La Città del Capo, situata all’estremità meridionale del continente africano era uno scalo perfetto lungo la rotta commerciale per l’India e le sue condizioni particolarmente favorevoli alla coltivazione della vite offrivano l’opportunità di rifornire di vino in abbondanza le navi della Compagnia delle Indie Orientali.


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Tuttavia, da quel mare di vino quotidiano per marinai ben presto emersero prodotti di ottima qualità. Il vino da dessert di Constantia, ad esempio, deliziava già facoltosi bevitori europei in un’epoca in cui le etichette blasonate di Borgogna e Bordeaux erano ancora nomi sconosciuti. La cultura del vino sudafricano ha quindi una storia lunga e importante. Eppure questa cultura ha anche un lato oscuro.

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credits: Azola

Guardando la storia della viticoltura sudafricana, viene in mente una famosa frase del filosofo Benjamin:

Non c’è mai un documento della cultura senza essere al contempo un documento della barbarie.

(Walter Benjamin) [1]


Essa si presenta, infatti, come una precisa illustrazione di questo pensiero. Dopo tutto, lo splendore della viticoltura sudafricana si è basato sulla violenta appropriazione delle terre da parte dei coloni europei. Con questo atto barbarico, poi ulteriormente appesantito dal Native Land Act, emanato nel 1913, oltre il 90% della terra fertile passava nelle mani della popolazione bianca [2] . Da quel momento in poi, alla maggioranza nera della popolazione, derubata della terra natia, non rimase nient’altro che un lavoro subalterno per i padroni bianchi.

Con la transizione verso un governo democratico nel 1994 sono state intraprese numerose iniziative per correggere le ingiustizie del regime di apartheid ma il successo di queste misure politiche è stato finora modesto. Anche se le cifre esatte sono fortemente contestate, resta il fatto che la popolazione nera, circa l’80% del Paese, possiede solo una minima parte dei vigneti sudafricani.

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photo: Messe Düsseldorf/ctillmann © – courtesy Prowein

In occasione di ProWein, ho avuto l’opportunità di discutere questo problema con alcuni produttori direttamente coinvolti nel processo di transizione.


Lesego Serolong Holzapfel, proprietaria di Moedi Wines , richiama la mia attenzione sui risultati positivi che il governo democratico del Sudafrica è riuscito a ottenere negli ultimi anni. Nell’ambito del programma Broad Based Black Economic Empowerment (BBBEE) del 2003 sono state introdotte numerose politiche di carattere economico-sociale che cominciano a dare i loro primi frutti. Ad esempio, gli studenti di colore ricevono borse di studio per iscriversi ai corsi di laurea in viticoltura, marketing e altre materie dell’industria del vino, nonché prestiti per la creazione di nuove cantine o marchi.

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La storia di successo di Ntsiki Biyela, che grazie ad una borsa di studio si è potuto laureare all’Università di Stellenbosch per poi lanciare il proprio marchio, Aslina Wines, ne è un noto esempio. Anche la grande presenza di espositori di colore nel settore sudafricano della ProWein, spiega Lesego, è stata resa possibile grazie a questi programmi di sostegno governativi.

Come molti dei suoi colleghi, Lesego non possiede una propria cantina. Tuttavia, questo non impedisce a questa dinamica imprenditrice di sviluppare il proprio marchio di vino. Questa scelta, non insolita nell’industria vinicola del Nuovo Mondo, consente alla laureata della London School of Economics and Politics di mettere in mostra il suo talento imprenditoriale.

«Il mercato nazionale – mi racconta – è già saturo e i produttori di vino di lunga data hanno già occupato lo spazio sugli scaffali dei supermercati sudafricani. Per cambiare questa situazione occorrerebbe un’enorme quantità di capitale».

Molto meglio cercare l’accesso a nuovi mercati: «Ci stiamo concentrando sugli Stati Uniti. Qui lo storytelling è molto importante. Australia e Nuova Zelanda lo fanno bene. Tuttavia, abbiamo un vantaggio competitivo perché gli afroamericani in particolare si identificano con la nostra storia».

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photo: Messe Düsseldorf/ctillmann © – courtesy Prowein

Conversando con Denise Stubbs, direttore generale di Thokozani, conosco un altro aspetto della viticoltura sudafricana. La Thokozani, è una cooperativa vitivinicola a maggioranza di proprietari neri. Sin dall’inizio si è concentrata sulla diversificazione dei suoi prodotti per dipendere meno dalle forti fluttuazioni dei prezzi di mercato dell’uva.

Questa attenzione alla sostenibilità economica è particolarmente importante in tempi di profondi cambiamenti sociali. Troppi progetti ben intenzionati sono falliti di fronte alla dura realtà economica. Per questo motivo, accanto alla produzione di vino, i soci della Thokozani hanno creato diverse offerte nel settore della hospitality: una sala per conferenze, un’ampia gamma di servizi per matrimoni e camere per enoturisti. Un esempio virtuoso dell’enoturismo sudafricano.

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foto: U. Kohlmann

Anche la mia terza intervistata, Koni Maliehe, con la sua Konitravels punta sul legame tra vino e turismo. Il suo racconto vivace e i suoi ottimi vini mi piacciono così tanto che dimentico completamente di premere il pulsante di avvio del mio registratore. A volte la dimenticanza è anche un complimento.


La mia visita allo stand del settore Sudafrica di Prowein si sta per concludere. Rimane la forte impressione che siano le persone la vera forza trainante nel processo di trasformazione del Sudafrica democratico. Donne e uomini molto coraggiosi e ottimisti che guardano al futuro nonostante le indicibili sofferenze e ingiustizie subite.

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foto: U. Kohlmann

Persone come Sherwin Van Wyk, fondatore e proprietario del marchio vinicolo B.I.V Brothers in Vines: «I miei clienti sono tutti bianchi e molti sono diventati amici. Certo, il settore del vino è molto competitivo e la vita non è mai facile – dice, per poi aggiungere con un bel sorriso – ma qualsiasi cosa mi succeda, io non mi arrenderò mai».


Citazioni e fonti bibliografiche

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[1] Benjamin W., Sul concetto di storia, Einaudi, 1997, cap VII

[2] Clarke J., The Wines of South Africa, p. 40


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