Paesaggi mozzafiato, siti neolitici e gocce di whisky: viaggio alle Orcadi, meraviglioso spazio emozionale ed energetico.
La Scozia è sempre stata ai primi posti della lista personale delle destinazioni di viaggio più ambite; ma il desiderio di recarmici è divenuto impellente dopo l’insorgere della passione viscerale per quella bevanda, tanto ostica da affrontare all’inizio, quanto capace di avvilupparti in un legame inestricabile se vi entri in sintonia, che risponde al nome di whisky.
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Pur se la sua produzione si è estesa, negli anni, a sempre nuove zone del globo, è ancora innegabile l’immedesimazione fra questo sontuoso distillato e il territorio che ne ha storicamente costituito il bacino produttivo preponderante, e che ci ha regalato le espressioni di più alta caratura. E quasi ogni zona della Scozia è disseminata, più o meno densamente, di distillerie, che costituiscono non solamente entità produttive, ma elementi fondamentali e inscindibili dell’intero tessuto storico, culturale e ambientale.

Se gli appassionati incalliti di whisky, alla ricerca di una vera e propria full immersion “spiritosa”, punteranno sull’isola di Islay o sulla regione dello Speyside, le Isole Orcadi rappresentano una meta ideale per chi voglia coniugare la componente edonistica al godimento di straordinarie bellezze paesaggistiche, e di vestigia storiche di enorme importanza.
In questo arcipelago di circa 70 isole (le più importanti delle quali collegate da ponti), situato a 16 chilometri a nord dell’isola di Gran Bretagna, vi sono solamente due distillerie di whisky, seppur di grande fattura e prestigio: Highland Park e Scapa. Ma si tratta di un territorio che riesce a rimanere impresso nella memoria, e intrecciato alle pieghe del cuore, grazie ad altre sue molteplici espressioni.
La natura
Le infinite e placide distese di campi coltivati, fittamente disseminate di mandrie di bovini e ovini, la caratteristica brughiera con la tipica vegetazione bassa; per non parlare del mare, che si manifesta potente, maestoso e talora ruggente nelle giornate maggiormente ventose, quando le onde si infrangono con irruenza sulle impressionanti scogliere a picco. Le strade che ancora non conoscono il concetto di traffico, costeggiate da case (rigorosamente monofamiliari) curate nei minimi dettagli e dal tipico stile anglosassone, nella quasi totalità prive di cancelli o recinzioni, a trasmettere un senso di sicurezza e apertura che ormai è un lusso di cui potersi fregiare.

Sole con il contagocce, come si potrà immaginare; ma quando si decide a fare capolino, apporta incredibili cambiamenti nella tonalità e nella luminosità dei colori, tingendo i prati di un verde brillante quasi abbacinante, e l’acqua del mare di un azzurro cristallino da non fare invidia a località balneari più famose.
Luoghi in cui si viene letteralmente scioccati, nel senso più positivo e appagante del termine, dall’imponenza di una natura che è ancora in grado di proclamare la sua supremazia e la sua integrità (e vogliamo essere fiduciosi che continuerà a farlo, nonostante l’arcipelago sia interessato da un flusso turistico sempre crescente per via del passaggio delle navi da crociera).
Luoghi come la baia di Birsay e le scogliere di Yesnaby inducono il visitatore a fermare il vortice dei pensieri, a spalancare gli occhi e il cuore alla bellezza, e a respirare profondamente, per prendere consapevolezza dell’importanza di godere di ogni singolo momento, e incamerare ingenti scorte di tranquillità e pace cui attingere una volta ritornati alle frenesie della vita quotidiana. Frangenti da celebrare, perché no, con un piccolo sorso di whisky: qui si può sempre addurre la giustificazione delle temperature fredde!

La storia
Come anticipato, le Orcadi sono anche ricche di siti archeologici di rilevanza mondiale, risalenti all’età neolitica (5.000 anni fa). Nel 1999, l’UNESCO ha proclamato patrimonio dell’umanità l’insieme dei quattro siti più importanti, definito “il cuore delle Orcadi neolitiche”: il villaggio di Skara Brae (dalla stupefacente perfezione e integrità), Maeshowe (tomba a tumulo ricca di iscrizioni), le Standing Stones of Stenness e il Ring of Brodgar, un agglomerato di pietre disposte ad anello che può essere definito una piccola Stonehenge.
E’ stato un vero dono del cielo poter godere, proprio l’ultima sera di permanenza sulle isole dopo una settimana di nuvole, di un prodigioso e commovente tramonto in questo luogo. Al di là delle reali funzioni assolte da questi siti, e di ciò che rappresentavano, nella loro struttura e collocazione, a livello religioso e spirituale (questioni ancora oggetto di studi e interpretazioni), il visitatore più introspettivo e sensibile non potrà non percepire l’energia ivi emanata, riconducibile alla connessione con la natura circostante e con qualcosa di estremamente grande e potente al di sopra di noi (in qualsiasi modo lo si voglia chiamare o identificare, e qualsiasi forma gli si voglia attribuire).

Ma le Orcadi hanno vissuto anche importantissimi scampoli di storia più recente. La baia di Scapa Flow ha infatti ospitato la più grande base della marina militare britannica durante le due guerre mondiali, e fu teatro, nel 1919, di un leggendario autoaffondamento di una flotta tedesca, il cui comandante questo preferì, piuttosto che cadere nelle mani degli avversari. Diversi relitti giacciono ancora sui fondali della baia (di fatto, uno dei più grandi cimiteri di navi al mondo), e sono meta ambita degli appassionati di immersioni.
Al secondo conflitto mondiale è infine legata la commovente storia della graziosissima Cappella Italiana dell’isola di Lamb Holm. Un gruppo di soldati italiani, fatti prigionieri durante la campagna d’Africa, fu ivi spedito per contribuire alla costruzione delle Churchill Barriers intorno a Scapa Flow, dopo che essa era stata oggetto di invasione da parte di un sottomarino tedesco. Fatti stabilire nel Campo 60 sull’isoletta, i nostri connazionali attirarono subito la simpatia e l’affetto dei locali, tanto che furono autorizzati a costruire un proprio luogo di culto riadattando un hangar, sfruttando la presenza nel gruppo di un soldato – artista, il trentino Domenico Chiocchetti, che realizzò anche i bellissimi affreschi all’interno.

Ancora oggi definita “il miracolo del Campo 60”, e oggetto di una benedizione speciale di papa Francesco nel 2014, la Cappella Italiana rappresenta una bellissima testimonianza di quel sentimento di fratellanza che talvolta riesce ad elevarsi oltre gli orrori e le disumanità delle guerre. Un monumento la cui bellezza, in inscindibile connubio con la sua storia, riesce davvero a commuovere il visitatore.
Le distillerie
Per appagare a trecentossessanta gradi l’anima e i sensi, non sono potute mancare, come anticipato, le visite alle due distillerie di whisky delle isole.
Higland Park
Highland Park, fondata nel 1798 e situata alle porte del capoluogo Kirkwall, è tuttora la distilleria più settentrionale di Scozia (stante l’abbandono, allo stato attuale, del progetto di costruzione di una distilleria nelle Shetland). Fra i tratti distintivi di questa realtà, emergono l’effettuazione del maltaggio di una parte dell’orzo ancora in loco, e l’utilizzo di torba per l’essiccazione dell’orzo maltato, che dona quel sentore affumicato (sebbene più leggero e soffuso rispetto ai whisky di Islay) e leggermente marino caratteristico dei whisky delle isole.

La struttura è assai suggestiva, con gli edifici in pietra la cui disposizione rievoca un piccolo borgo, e caratterizzata da una stratificazione di interventi di ammodernamento realizzati nel corso dei decenni. Il forno ancora utilizzato per l’essiccazione risale ad un secolo fa (rimane ancora visibile il forno originario), e presenta la classica conformazione con i camini a pagoda. L’intervento più significativo e impattante è senz’altro quello realizzato nel 2024, mirante a conseguire un ambizioso obiettivo di efficientamento energetico.
L’introduzione di nuovi, moderni ammostatori e fermentatori in acciaio punta ad una riduzione nell’utilizzo di acqua, mentre l’innovativo sistema di recupero dell’acqua calda che residua nei condensatori al termine della distillazione (che va ad alimentare uno scambiatore che genera aria calda), punta a ridurre significativamente l’utilizzo di torba nel processo di essiccazione (e la quantità risicata di torba estratta nella torbiera di Hobbister Moor lo dimostra), nonché il progressivo azzeramento dell’utilizzo di carbone. Un progetto che non può che suscitare encomio nel visitatore catturato dalla bellezza dell’ambiente dell’arcipelago, tesoro da proteggere e preservare con ogni sforzo possibile.
La degustazione finale è stata incentrata sui cask strenght, vale a dire i whisky imbottigliati alla gradazione posseduta all’uscita dalla botte, senza diluizione con acqua. Il prodotto che ha colpito maggiormente è stato l’ultimo imbottigliamento (2024, dopo 14 anni di affinamento) della serie Lifeboats, dedicata alle stazioni di salvataggio in mare della Royal National Lifeboat Institution. Un single cask (whisky da singola botte) con gradazione 66,1%, con un’integrazione assai riuscita dell’importante componente alcolica, e una grande eleganza.

Scapa
Se di Highland Park colpisce la struttura, a Scapa si rimane sopraffatti dall’affaccio mozzafiato sulla baia di Scapa Flow, a creare un’incantevole simbiosi con la natura e l’ambiente circostante, suggellata dall’utilizzo, nel processo produttivo, dell’acqua della sorgente limitrofa. Fondata nel 1885, ha avuto una storia abbastanza travagliata, fra chiusure momentanee e mutamenti societari, soffrendo la presenza ingombrante della distilleria più grande, nonché l’assenza, fino al 2015, di un visitor centre.
Rispetto alla “sorella maggiore”, Scapa presenta una dimensione più raccolta e rustica, coerente con una realtà che prevede un processo ancora improntato all’artigianalità. Differenza fondamentale, Scapa non ha mai utilizzato torba per l’essiccazione dell’orzo maltato.

Questo fattore, unitamente a una fermentazione con tempistiche decisamente lunghe (intorno alle 160 ore, presupposto per uno sviluppo più marcato delle molecole responsabili dei sentori fruttati, vale a dire gli esteri), porta alla genesi di whisky con un profilo decisamente singolare per il panorama dei prodotti delle isole; spiccate note di frutta gialla che virano al tropicale, spezie quali zenzero e cannella, e una suadente e calda avvolgenza.
Dopo la costruzione del visitor centre, nel 2023 il percorso di modernizzazione e rinascita di Scapa si è concluso con l’inaugurazione dello Scapa Noust, la sala degustazione, ove si è conclusa la visita. Riesce difficile immaginare che ne possa esistere, in tutta la Scozia, una più bella; la grande vetrata che regala un’incantevole vista sulla baia, il calore della pietra e del legno, e il soffitto che riproduce l’interno di una tradizionale imbarcazione, rendono unico questo ambiente, ove l’assaggio di whisky dai ragguardevoli affinamenti (12, 19, 21 e 28 anni, quest’ultimo sontuoso), ha assunto i connotati di un’esperienza magica e indimenticabile.
L’ultimo sguardo a Scapa Flow, e una volta di più si coglie il vero incanto delle Isole Orcadi: quel connubio così naturale ed emblematico fra sacro (inteso come entità di potenza e dimensioni a noi superiori, ivi compresa la maestosità della natura) e profano che dovrebbe contraddistinguere ogni esperienza di viaggio, e che fa sì che quest’ultimo restituisca tutta (e più) la ricchezza investita per affrontarlo.

Consentitemi infine un ringraziamento speciale a Whisky Club Italia, associazione leader per la divulgazione della conoscenza del whisky e l’organizzazione di degustazioni ed esperienze ad esso dedicate, fra cui questo e altri meravigliosi viaggi ogni anno.
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