Sul tequila insinuazioni da penale: adulterazione con alcol scadente e rischio salute. I coltivatori messicani contro il CRT.
Una battaglia legale per l’integrità, forse senza precedenti, sta travolgendo l’industria globale del tequila, sollevando dubbi profondi e – così pare – anche documentati sulla purezza dei prodotti etichettati come “100% agave” e mettendo sotto accusa l’organismo di controllo messicano, il CRT.
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Gli eventi, innescati dalle denunce di Remberto Galván Cabrera, Consigliere legale e Coordinatore strategico del Consejo Mexicano del Agave (CMXDA), hanno conosciuto una rapida escalation in queste ultime settimane.

La denuncia penale
Il punto di non ritorno si è raggiunto il 19 settembre scorso, quando Galván, in rappresentanza dei numerosi coltivatori indigeni di agave (Agaveros 100 por ciento de origen mexicano), ha presentato personalmente una denuncia penale per il “crimine contro la salute pubblica” presso la Procura Generale della Repubblica (FGR) a León, Guanajuato.
Un’azione legale diretta contro tre attori fondamentali dell’attuale filiera:
- Una nota catena di enoteche e liquorerie
- Una catena multinazionale di negozi self-service
- Il Consejo Regulador del Tequila
Secondo il coltivatore di Jalisco, quanto sta accadendo nell’industria è paragonabile al huachicol (furto di carburante) applicato al tequila, un illecito previsto e sanzionato dall’articolo 464 della Legge Generale sulla Salute: «un fraude deliberado que no solo pone en riesgo la salud de los consumidores, sino que también dinamita el sustento de los productores tradicionales, al permitir que se certifique como tequila puro un producto adulterado desde su origen» [fonte lja.mx]. Tradotta, suona più o meno come una: “frode deliberata che mette a rischio la salute dei consumatori e dilania il sostentamento dei produttori tradizionali”. Insomma, è roba pesantissima!
Remberto Galvan (che a 12 anni era già nei campi per aiutare la famiglia nel lavoro) dice di non spararla a caso, ha dati su carta rilasciati da autorità affidabili, sopra le parti, e raccolti con procedura rigorosa per garantire la massima trasparenza e la validità legale.

Metanolo e adulterazione
Galván ha fornito alla Procura prove basate su analisi di laboratorio che hanno rivelato la portata allarmante della frode e del pericolo per i consumatori. I campioni analizzati hanno prodotto dati inquietanti:
- Un tequila acquistato in una catena specializzata conteneva 605.19 mg/l di metanolo, superando il limite legale (300 mg/l) di oltre il doppio. “Questo composto può lasciarti cieco temporalmente o permanentemente“, ha avvertito Galván in conferenza stampa.
- Un altro prodotto di un brand importante, nonostante fosse venduto con l’etichetta “100% agave”, è risultato contenere meno del 33% di alcol a base di agave.
L’affidabilità delle prove
Per confermare l’adulterazione e garantirne la piena validità legale, la raccolta delle prove è stata condotta con un rigore estremo, essenziale per la tracciabilità necessaria in tribunale:
- L’acquisto dei campioni è stato supervisionato da un broker pubblico, che ha redatto un verbale formale (Atto 3709).
- I campioni sono stati analizzati dal CIATEC (centro pubblico di ricerca a León) e successivamente inviati al laboratorio francese Eurofins di Nantes.
- In Francia è stato utilizzato il metodo di Risonanza Magnetica Nucleare SNIF-NMR, in grado di rilevare con precisione l’origine botanica dell’alcol.
- Il metodo analitico è inoltre avallato dal Centro Nazionale di Metrologia (CENAM), elemento che ne rafforza la piena affidabilità.
Un brutto momento per le major di tequila
La battaglia di queste settimane va ulteriormente a gravare e a caricare di sospetti quanto già accaduto negli Stati Uniti a primavera scorsa, quando partì una Class action contro Diageo (e immediata replica) per il sospetto che alcuni tequila dei loro brand più rappresentativi non fossero al 100% Agave azul Weber come dichiarato.
Al peggio non è detto comunque che ci sia fine. Che sia calunnia o dimostrata verità (non tocca a noi giudicarlo adesso), giovedì 16 scorso Remberto Galvàn ci ha ribattuto forte sopra, annunciando in conferenza stampa che quattro ulteriori marchi di tequila di rilievo avevano fallito i test di purezza e risultavano adulterati con alcol di canna economico per scopi farmaceutici.
I risultati in mano a Galvàn, sembrano quindi mostrare una frode sistemica e, secondo la rivista mezcalistas.com, potrebbe anche ricondurre ad alcuni di quelli già nel mirino a maggio scorso negli USA. Fosco, foschissimo, il responso dei test:
- due campioni sono risultati con presenza inferiore al 33% di agave e, quindi, nemmeno riconoscibili come tequila Mixto (51% di agave);
- gli altri due campioni hanno raggiunto a malapena il 51% di agave.

Accusa al CRT
La battaglia ha però un obiettivo principale: il Consejo Regulador del Tequila (CRT), l’organismo no profit incaricato di garantire gli standard di qualità. Galván accusa apertamente il CRT di colludere con i grandi produttori e di agire come un monopolio che favorisce in modo sistematico gli interessi industriali a scapito dei piccoli coltivatori.
“El CRT certifica como 100% de agave un producto que no lo es. Con estas pruebas lo demostramos. El organismo actúa como un monopolio que favorece a los industriales, margina a los pequeños productores y pone en riesgo la salud pública” [fonte lja.mx] che tradotto suona fortissimo: “L’organismo agisce come un monopolio che favorisce gli industriali, margina i piccoli produttori e mette in rischio la salute pubblica”.
Riforma urgente della NOM
Di fronte all’inerzia delle autorità locali – che avevano in gran parte ignorato la richiesta – Galván ha lanciato un appello diretto al Segretario dell’Economia Marcelo Ebrard e, addirittura, alla Presidente del Messico Claudia Sheinbaum.
L’obiettivo principale di questa battaglia è ottenere l’urgente aggiornamento della norma ufficiale messicana sul tequila (NOM-006-SCFI-2012) dato che non contempla un metodo analitico che rilevi l’origine botanica dell’alcol e costringa tutti i produttori a utilizzare l’agave secondo gli standard dichiarati. Perché: “così com’è adesso, permette la truffa”.
E mentre pare che, nonostante la domanda, molte piante stiano marcendo per colpa degli interessi, il produttore ha concluso con un forte avvertimento sulle ripercussioni internazionali dell’adulterazione, soprattutto nel contesto dell’accordo T-MEC con USA e Canada: «No podemos exportar un tequila adulterado y engañar al mundo. Eso nos desacredita como país productor y nos pone en la mira de organismos internacionales» [Fonte: lja.mx].

Fare attenzione…
Concludendo: non entriamo in questioni legali che non ci riguardano direttamente, ma rimaniamo pronti a rilanciare sulle nostre pagine eventuali sentenze e repliche.
Ci auguriamo sinceramente che Galvàn possa essere smentito perché le sue sono denunce gravi, soprattutto ai giorni nostri. Di una cosa, però, siamo certi: il giro internazionale da milioni di euro degli spirits, passa ampiamente dai tanti luoghi della povertà e del consumo abusato e inconsapevole. Se però i mercati più preparati, abbienti e meno sprovveduti, iniziassero ad annusare aria di fregatura, i danni di immagine (e poi economici) potrebbero alla lunga essere ingenti per coloro che resteranno coinvolti nel pasticcio.
Di questo ne siamo sicuri, così come non abbiamo dubbi che sia un concetto esportabile anche agli altri distillati (esteri o di casa nostra).
fonte: mezcalistas.com, lja.mx
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