Le ricerche sui nuovi vitigni in un libro

Il team dei ricercatori CNR e CREA presenta al MASAF il nuovo libro con gli studi e il lavoro sui vitigni scoperti a Solopaca.


Ancora loro e adesso sono finalmente pronti a entrare direttamente dalla porta del Ministero a Roma.


[si legge, più o meno, in: 3 minuti]

Ricordate il team di ricercatori del CNR e del CREA che da tempo sta concentrandosi con studi archeologici sulla ricostruzione ampelografica di aree meridionali del nostro Paese? Ricordate le innovative scoperte fatte con metodo e rigore nell’Alta Val d’Agri? E quelle emerse dopo lo studio e il lavoro meticoloso per recuperare l’identità viticola di Solopaca?

cnr solopaca
ph. courtesy: Stefano Del Lungo ©

Quest’ultimo lavoro ha, nel particolare, portato all’approfondimento genetico-storico, alla rinascita, e all’iscrizione nel Registro nazionale di ben 11 varietà riconosciute autoctone o di antica coltivazione per il territorio di Solopaca, per la Media Valle del Volturno e per la Penisola Sorrentina (novità recepite anche da regione Campania nello scorso febbraio). Nel dettaglio:

per il territorio di Solopaca:

  • Agostina b. (RNVV, n. 985)
  • Tennecchia n. (RNVV, n. 991) o Tentiglia
  • Tesola n. (RNVV, n. A01) (o Vernaccia di vigna)
  • Uva Urmo b. (RNVV, n. 992)
  • riconoscimento del sinonimo Arulo (o Vernaccia d’Arulo) al Grero n. (RNVV, n. 448)

per l’area dal Taburno alla Penisola Sorrentina:

  • Cocozza b. (RNVV, n. 995)
  • Castagnara n. (RNVV, n. 986)
  • Ingannapastore b. (RNVV, n. 988)
  • Reginella n. (RNVV, n. 996)
  • Racina piccola n. (RNVV, n. 997)
  • Sabato n. (RNVV, n. 989)
  • Suppezza n. (RNVV, n. 990)

Lo studio, iniziato grazie a viticoltori desiderosi di ridare luce all’antico capitale viticolo autoctono, è stato condotto nell’ambito del progetto di ricerca Biodiversità Agricola Storica, Vite e Olivo (CNR DUS.AD036) dall’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR ISPC) con il Centro di Viticoltura ed Enologia del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA VE), in stretta sinergia con la Regione Campania e con AIS Grosseto, scelta come soggetto terzo super partes.

vitigni tennecchia solopaca
uva Tennecchia – ph. courtesy: Stefano Del Lungo ©


Il prossimo 4 luglio a Roma presso la Sala Cavour del MASAF sarà finalmente presentato il volume “Solopaca. Viticoltura di terroir e “uve rare” dal Taburno Camposauro alla costa tirrenica” che raccoglie i risultati di queste indagini pluriennali condotte sulla biodiversità viticola nei territori del Taburno Camposauro, della Penisola Sorrentina e del Golfo di Policastro.

La pubblicazione è stato curata dall’archeologo Stefano Del Lungo che stiamo ormai seguendo assiduamente da oltre un anno nel suo viaggio entusiasmante (e rivoluzionario) per dare una coerente chiave di lettura alla diffusione della viticoltura nella nostra penisola secondo un approccio archeologico e genetico.

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Oltre a Del Lungo (che relazionerà su “I risultati di una cooperazione di filiera fra ricerca e viticoltori” e “Biodiversità culturale della vite dal Taburno al Golfo di Policastro”), dalle 10.00 interverranno Clemente Colella (“La sfida delle ‘uve rare’ e del ‘vino tradizionale di Solopaca’”), Antonio Leone (“Il paesaggio del vino delle Terre di Solopaca”), Angelo Caputo e Vittorio Alba (“Il patrimonio dei vitigni autoctoni campani e le loro potenzialità”) ed Emiliano Leuti (“Il vino tradizionale di Solopaca, rosso e bianco”) prima della degustazione dei vini di interesse.


Particolare attenzione è stata proprio dedicata alle varietà delle cosiddette uve “rare” nel XIX secolo per la loro qualità, e alla specifica tecnica di allevamento denominata “Raggiera del Taburno” (leggi), ora iscritta nel Registro Nazionale di Paesaggi Rurali Storici, Pratiche Agricole e Conoscenze Tradizionali (ne avevamo parlato tempo fa).

Come affermato dai viticoltori e dai partner della ricerca: ogni risultato ottenuto sarà un successo dal punto di vista scientifico ed etico, introducendo un modello operativo inclusivo e sostenibile. Ogni territorio custodisce un tesoro fatto di terra, piante, persone e cultura, che può essere recuperato con l’impegno di tutti.

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foto: S. Monetti

Davvero un bell’epilogo per questo angolo di Italia vitivinicola anche perché questo traguardo sarà un nuovo punto di partenza verso nuove sperimentazioni sulle uve e sull’antica tecnica della raggiera per preservare il paesaggio viticolo e supportare i viticoltori nella futura commercializzazione dei vini tradizionali, valorizzando così questo patrimonio viticolo secolare verso i mercati, la cultura e l’enoturismo.


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