Cantine Etiche: l’Umbria che non ti aspetti, dove il vino è sinergia e (anche) questione di anima.
C’è un minimo refolo di vento in questa tipica giornata afosa fiorentina di fine giugno. Sulle sponde dell’Arno arriva una lieve brezza che stimola l’immaginario e che sembra spinta nell’alveo fluviale da antiche cronache del centro Italia, storie che narrano di cavalieri e abbazie, di natura e semplicità.
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Un’aria che sa di sincero e verace, che profuma di bosco e di mosto e pare l’anima di una terra umbra che oggi si racconta in ogni sorso di questi vini, di un progetto che, lo confesso, mi ha affascinato sul serio: quello di Cantine Etiche
Non una semplice associazione di produttori, badiamo bene. È una rete d’imprese, una sinfonia di intenti nata dal cuore di chi quest’Umbria l’ha sempre conosciuta, amata, o semplicemente l’ha eletta a propria casa, con il desiderio genuino di farne splendere quell’angolo che sente profondamente “proprio”. Imprenditori che hanno scelto di non arrendersi alla retorica e ai grandi numeri, ma di incarnare un modello di sviluppo che definirei, senza mezzi termini, illuminato.
Cantine etiche: dall’amore per il paesaggio alla nascita di un codice
Non sono certamente il primo ad averli incontrati questi “cantinieri etici”, la loro sinergia è nata ufficialmente da pochissimo – nel 2022 – ma la loro visione è già nota agli addetti ai lavori più scaltri. Cinque realtà regionali che si sono scoperte accomunate per dimensione, forma mentis e artigianalità produttiva. Una sintonia istintiva che si è poi trasformata in sodalizio verso un futuro che sa di modernità non solo temporale, bensì concettuale.
Collespino, Marchesi Ruffo della Scaletta, Santoiolo, Tenuta dei Mori e Villa Bucher: hanno scelto di rispettare e valorizzare questi luoghi dalle grandi risorse, non sembrano vivere una spinta passeggera e meriterebbero una comunicazione maggiormente efficace.
Antichi casali ristrutturati con cura, palazzi centenari ravvivati, respiranti, parte integrante di un tessuto storico e culturale che non deve, non può, essere dimenticato. Ognuna con la propria disponibilità, sono imprese che hanno saputo plasmare aziende vinicole, relais e agriturismi tentando di rispettare la storia, i borghi che li circondano e quella silenziosa bellezza che l’Umbria sa regalare.
Come accade anche altrove, i loro vigneti sono un viaggio nel tempo e nella geologia che però colpisce particolarmente perché la forza del progetto è quella di fare unione da basi che rimangono comunque eterogenee: si va dall’area pliocenica di Narni (quella di Marchesi Ruffo della Scaletta, Santoiolo e Collespino) fino alle terre più a nord di indole vulcanica di Villanova e San Venanzo (casa di Tenuta dei Mori e Villa Bucher).
La rete “Cantine Etiche” è nata proprio per questo: una mutua collaborazione, un confronto schietto e costruttivo in un progetto che definiscono “immane, ma straordinario”. E in questa consapevolezza, hanno dato vita a un Codice etico. Non una favola, non un mero pezzo di carta da appendere al muro ma una sorta di carta dei diritti e dei doveri, un faro giuridico e morale che illumina il percorso di ogni membro e collaboratore. Valori cardine, esplicitati, vissuti.
Regole e sostenibilità
Il loro Codice Etico si fonda su essenzialmente su questi principi:
- Conformità alle leggi: un’ovvietà? Mica tanto. Qui l’attenzione è particolare verso normative fiscali, ambientali, sociali, sicurezza alimentare e sul lavoro: la legalità come base ineludibile.
- Correttezza e crescita: i dipendenti e i collaboratori non sono considerati numeri, ma “risorsa preziosa”. Si investe su di loro, sulla loro formazione, sulla crescita tecnica e culturale.
- Fiducia e Trasparenza nella rete: un esempio di cooperazione vera, dove il principio di mutualità non è una chimera, ma la linfa vitale che nutre ogni azienda associata.
- Relazioni chiare con i fornitori: essere etici significa esserlo a 360 gradi, anche con chi ti fornisce i mezzi per operare. Correttezza e chiarezza, sempre.
Ma è su quattro fondamenti della sostenibilità che il progetto “Cantine Etiche” rivela la sua profondità, perché, come amano dire, la sostenibilità “non sia solo una parola”.
- Ambientale: Lotta biologica o Integrata certificata SQNPI. Agrivoltaico, fotovoltaico, biogas: l’energia pulita che alimenta il sogno. Riduzione della CO2 con bottiglie più leggere e contenitori ecologici. Il mantenimento dei boschi come “polmone verde”. La biodiversità mantenuta viva con coltivazioni differenziate. Qui, la vigna non è solo produzione, ma ecosistema.
- Sociale: Rapporti di lavoro corretti, crescita professionale incentivata con corsi di formazione. E la soddisfazione del cliente che non è solo un claim, ma una promessa: vini che sono frutto dalla vigna alla bottiglia del lavoro diretto delle cantine, e fornitori selezionati con gli stessi, altissimi, standard di qualità. È la filiera etica.
- Culturale: Pubblicizzare le ricchezze agro-alimentari, valorizzare la storia e il paesaggio, perché il vino è anche narrazione di un territorio. Un atto d’amore per l’Umbria che va oltre la bottiglia.
- Economica: Sì, sono imprese. E le imprese devono generare utili. Ma la loro conduzione economica tiene conto, e qui sta il quid, di quei valori morali, di quella cultura del territorio che si vuole lasciare “migliore di come lo abbiamo trovato”. Un modello di business che non prescinde dall’etica, ma ne è permeato.
Assaggi ed esperienza diretta
Nella giornata di racconto e ricco assaggio di Firenze hanno aderito quattro delle cinque imprese. Erano presenti con i loro vini: Irene e Pietro Ducoli (Santoiolo), Gian Andrea Dutler (Villa Bucher) Rufo Ruffo (Marchesi Ruffo della Scaletta), Nicolò Vicaroni (Tenuta dei Mori).
Tenuta dei Mori
L’unica cantina in provincia di Perugia, a Villanova di Marsciano, a circa 250 metri s.l.m. Tenuta dei Mori è un’azienda a conduzione familiare che incarna l’eccellenza e la sostenibilità. La famiglia Vicaroni, con radici profonde nel territorio, coltiva circa 55 ettari tra vigneti e uliveti, in conversione biologica.
La produzione vinicola si distingue per blend innovativi che uniscono vitigni storici del territorio circostante come sangiovese, trebbiano e verdicchio, a varietà internazionali come alicante, refosco e pinot nero. Oltre ai vini, l’azienda produce olio EVO e farine macinate a pietra. Tenuta dei Mori è anche ospitalità e offre un raffinato wine relais.
Villa Bucher
A San Venanzo, appena varcato il confine amministrativo ternano, l’azienda vitivinicola Villa Bucher lavora su un’estensione di circa 7 ettari di vigneti (65 ha globali di tenuta) situati su suoli di peculiare origine vulcanica. Nata nel 2001 dall’intuizione dell’omonima famiglia svizzera, la realtà odierna prese vita oltre vent’anni fa dalla ristrutturazione di una antico casale.
Villa Bucher si concentra su vitigni internazionali con approccio votato all’esaltazione dell’adattamento al terroir: cabernet franc, merlot, cabernet sauvignon, Chardonnay e Sauvignon Blanc. Oltre al vino offre un’esperienza di esclusiva accoglienza in villa e una “Degosteria” per degustazioni guidate.
Ruffo Marchesi della Scaletta
Ai piedi della storica Narni, in un territorio di grande tradizione, Ruffo Marchesi della Scaletta vanta un’antica storia familiare legata al mondo del vino. Su terreni tufacei e argillosi coltiva uve celebri dei comprensori orvietano e narnese: grechetto, procanico, sangiovese, ciliegiolo di Narni, merlot e cabernet sauvignon con la ricerca del compromesso fra metodi tradizionali e le tecniche più moderne di cantina.
L’azienda è oggi guidata dalla sesta generazione di famiglia ed è entrata nel terzo secolo di vita con spirito imprenditoriale poliedrico e moderno che mette il vino al centro come alimento e offerta turistica, ma sempre attenta alle sfide moderne legate all’energia e alle fonti rinnovabili (ha un impianto produttivo di biogas per la trasformazione dei residui aziendali).
Santoiolo
Sempre a Narni, quasi al confine con il Lazio, si trova Santoiolo, cantina fondata nel 2003. A conduzione familiare, le vigne posano su suoli sedimentari marini, argillosi e calcarei, ricchi di fossili. Meticolosa attenzione alla natura e sperimentazione, sono due delle prerogative aziendali. Si coltivano varietà affatto banali per i luoghi come vermentino, syrah, alicante e malbec oltre al cabernet sauvignon e merlot.
Santoiolo è anche country house che offre ospitalità in un casale ottocentesco immerso nei vigneti, promuovendo un’esperienza enoturistica autentica e un forte legame con il territorio.
La degustazione
Una mini-panoramica generale e doverosa delle cantine che dà maggior valore al racconto del momento giornata di presentazione a Firenze. Perché l’assaggio è stato convincente non solo sotto il mero aspetto qualitativo – poi, come sempre, qualche vino ha convinto più di altri – ma soprattutto perché ha valorizzato il concetto di una diversificazione stilistica enologica sopra al fattor comune dell’offerta enoturistica complementare.
Un pool di 25 vini (6-7 a cantina) da cui ne sono stati estrapolati 15 per una degustazione guidata ma senza il fine degli estremi tecnicismi, nel pieno rispetto di un messaggio che riporta ai valori di genuinità, lealtà, bontà, accoglienza, rilassatezza e piacevolezza a misura d’uomo come il territorio umbro sa fare suo.
Un percorso divertente che – devo dire e nessuno se la prenda – alla fine ha semplicemente certificato la piena credibilità del progetto Cantine etiche che necessita prima di tutto di un prodotto di qualità ma che poi, alla fine di tutto, si basa essenzialmente su un’offerta enoturistica coordinata difficilmente riscontrabile altrove (qui un esempio altamente esplicativo).
Breve selezione dal calice
Non mi pare l’occasione di andarvi a recensire i vini assaggiati nel dettaglio, mentre mi pare assolutamente il caso citarne alcuni davvero di alto spessore e confessarvi che avrei voluto farmi vari selfie per mostrarveli nel momento in cui mi veniva dichiarato il costo della singola bottiglia applicato al canale HoReCa. Qualità/prezzo straordinari, punto.
“Stratus” è il nome dell’Umbria bianco IGT di Tenuta dei Mori. Il 2024 (Vermentino 60%, Trebbiano Spoletino 20%, Verdicchio 20%, solo acciaio) ha conquistato con la sua giovialità e medio corpo, dal fresco e sapido finale di albicocca e lime. Il loro Umbria IGT Cumulus 2022 (Sangiovese 60%, Alicante 20%, Refosco 20%, solo acciaio) mi ha proprio fatto divertire per brio, tratto scattante e verticale ma con sapore pieno; un vino dove il tannino era quasi giocoso e il sorso non conosceva stanchezza.
Fra gli altri, Villa Bucher ha messo sul tavolo l’Umbria IGT Auro Bianco 2024 (80% Grechetto 20% Sauvignon Blanc, solo acciaio) sorprendentemente speziato, ricco e persistente. Del loro Umbria r. IGT Auro Rosso 2023 (Cabernet sauvignon 100%, solo acciaio) ho apprezzato tanto l’equilibrio, la polposità tattile dagli aromi di amarena e il finale lungo e pepato.
Eleganza è stato l’aggettivo trait d’ union dei vini Marchesi Ruffo Della Scaletta. L’Umbria IGT Nar 2024 (Vermentino 100%, solo acciaio) lo si è sentito diretto, vibrante, anche ammiccante nei suoi profumi immediati di cedro, biancospino e pesca bianca con finale fresco-sapido. Colpo al cuore dal territoriale Ciliegiolo di Narni IGT Podere Montini 2022 (Ciliegiolo di Narni 100%, solo acciaio) un cru dal processo produttivo accuratissimo che in bocca pare non finire mai con il suo corpo sostanzioso e i suoi aromi decisi e freschi di ciliegia e rosa rossa.
Il cocciopesto è il materiale dell’anfora in cui ha fermentato e affinato per circa un anno l’Umbria IGT Pratalia in anfora 2022 di Santoiolo (Vermentino 100%); particolarissimo il suo processo produttivo e il suo tratto sensoriale che ha regalato un finale davvero salino dagli spiccati aromi marini. Marino (e quindi dal tratto tipico tipico aziendale) e stato anche il loro Umbria IGT Malbec 2020 (Malbec 100%, solo acciaio): l’uva la conosciamo, non lascia indifferenti le papille, ma sono rimasto estasiato dalla fresca varieganza aromatica che dall’arancia andava sulla rosa e sulla mentuccia rendendo tutto molto scorrevole; vino ganzissimo.
Conclusioni
Se rimettete lo sguardo sopra sui vitigni utilizzati per questi 8 campioni – volutamente scritti in corsivo – , capirete ancora meglio il significato di quanto sopra si era definito come patrimonio da eterogeneità. Ogni produttore ha il suo habitat, ha il suo stile, ha il suo concetto di fare vino ma tutti si ritrovano in questo “patto di affinità valoriale” che è il reale potenziale aggiunto e distintivo delle Cantine etiche nel proporre una vera offerta non vinicola, non aziendale, bensì territoriale.
La comune vocazione enoturistica, pone l’obiettivo oltre la semplice commercializzazione. Non serve solo vendere vino, si cerca di affascinare gli ospiti a 360°. Lo si può fare con il cibo, certamente, ma anche con escursioni nell’Umbria più naturale, con esperienze che vanno dalla pizza in vigna alla caccia al tartufo, oppure ancora passando dallo show room di uno stilista di grido. È un invito a immergersi, a sentire la terra e il territorio, a vivere una vacanza emozionale in luoghi che sanno “parlare” ai sensi con meno frenesia e pretese rispetto a regioni più blasonate.
Cantine Etiche è una rete ma sa tanto di manifesto. Un esempio di come l’impresa, se mossa dal tangibile rispetto per il territorio e le persone, potrebbe avere l’occasione di crescere dando lustro e opportunità a una regione intera.
Buona fortuna.
foto: Paolo Bini ©
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