Bruxelles ospita la presentazione del prossimo Vinitaly. Anni di sfide difficili ma la direzione è quella giusta: la cultura fa economia.
Su Vinitaly ci ritorneremo più volte ancora prima dell’inizio, sono troppi gli interessi che Verona abbraccia per gli appassionati.
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Parleremo nei prossimi giorni di Operawine e di Vinitaly Design Award ma troviamo giusto innanzitutto riportare qualche dichiarazione dopo la presentazione dell’evento 2024 alla stampa. Vinitaly sarà l’evento che riempirà l’area di Veronafiere dal 14 al 17 aprile, in fin dei conti è arrivata l’ora di prepararci.
La 56^ edizione di Vinitaly ha avuto il suo prologo ufficiale e innovativo in diretta web mercoledì scorso con Federico Bricolo (presidente Veronafiere), Maurizio Danese (AD Veronafiere) e Ignacio Sanchez (segretario generale CEEV) a sedere nelle sale del Parlamento Europeo di Bruxelles.
Che sia vera nei fatti oppure non fino in fondo, non c’è il minimo dubbio sul fatto che già il luogo utilizzato per la presentazione ufficiale abbia messo l’Italia due cieli sopra agli altri Paesi che in queste settimane hanno organizzato la loro manifestazione di riferimento.
Lo ha sottolineato subito Federico Bricolo: «Questa è la prima presentazione di Vinitaly che facciamo al Parlamento Europeo, che è il centro nevralgico della politica Comunitaria, con l’obiettivo di contribuire ad accendere un ulteriore faro sul vino italiano, che ha proprio in Vinitaly il suo brand fieristico di promozione globale. Con questa logica della promozione abbiamo da poco terminato anche un giro del mondo durato oltre un semestre per operare una selezione ponderata dei principali buyer da invitare».
Se i numeri saranno confermati dai fatti, almeno sulla carta, Vinitaly appare imbattibile: saranno ospitati a Verona 1200 top-buyer (+20% sull’edizione 2023) provenienti da 65 Paesi (nazioni che valgono il 95% del totale export enoico nazionale) a cui si aggiungeranno circa 30 mila operatori stranieri da oltre 140 nazioni pronti a incontrare le oltre 4.000 imprese espositrici nei 17 padiglioni della fiera.
Il contingente più corposo degli ospiti sarà ancora quello USA, con oltre il 15% delle presenze, seguito da Canada, Cina e Regno Unito (che insieme faranno il 23% degli incoming). «Oggi più che mai spingiamo l’acceleratore sull’internazionalizzazione – ha dichiarato Maurizio Danese, AD Veronafiere –, il motore che ci consente di realizzare opportunità di business concrete per le imprese italiane fuori dai confini nazionali. Attraverso il presidio diretto dei mercati esteri riusciamo da un lato a intercettare l’evoluzione dei consumatori, dall’altro a garantire il posizionamento del nostro vino non solo come bene di consumo ma come prodotto culturale.
La prima parola chiave è senz’altro “business“, la seconda è “consapevolezza” di un capitale strategico e identitario per l’economia italiana ed europea sempre più sotto la lente di tesi allarmistiche. Per questo, in occasione della 1ª giornata nazionale del Made in Italy (15 aprile) presenteremo, assieme al ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, la ricerca “Se tu togli il vino all’Italia“, un tuffo nel bicchiere mezzo vuoto. Uno studio, realizzato dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly e da Prometeia, sull’impatto che il Belpaese subirebbe in termini socio-economici, turistici e identitari da un’ipotetica scomparsa del vino dall’Italia».
Interessante – aggiungiamo noi – davvero molto interessante se pensiamo alla fatica fatta in questi ultimi anni per salvare il vino dagli attacchi (talvolta anche immotivati) del perbenismo salutistico continentale oltranzista. Serve trasmettere il concetto “vino = cultura = tradizione = consapevolezza” che pare semplice – per noi – ma che così semplice – per gli altri – non pare.
Sul valore etico ed economico del vino è intervenuto dal tavolo anche il Segretario generale CEEV Ignacio Sánchez: «L’ultima legislatura in UE è stata una sorta di montagne russe anche per il vino, con il Covid, la guerra e l’inflazione. Ma l’UE ci ha aiutato, per questo siamo qua, assieme a Vinitaly, per rappresentare ai decisori dell’Europarlamento l’importanza e il valore del vino italiano ed europeo. Il vino europeo vale 130 miliardi di euro, con un contributo fiscale di 52 miliardi di euro l’anno e 3 milioni di addetti».
Assisteva e su questo è intervenuto dai banchi anche il Direttore generale dell’OIV John Barker: «In un contesto generale caratterizzato da una crescente complessità è difficile identificare tendenze di lungo termine. Rileviamo un eccesso di produzione e al contempo una evoluzione dei trend di consumo, con declinazioni diverse a seconda dei prodotti, delle regioni e dei mercati. Per questo è importante non solo saper innovare l’offerta ma anche far conoscere la valenza culturale che contraddistingue i nostri vini».
Sulla situazione non proprio rosea del mercato è tornato anche il presidente Bricolo: «Di fronte a una congiuntura difficile per il vino, a partire dalla pressione delle istanze salutistiche a livello internazionale, passando per i cambiamenti dei modelli di consumo, fino alle sfide poste dai mutamenti climatici, oggi siamo qui al Parlamento europeo, dove si decidono le sorti del mondo del vino e della viticoltura, assieme ai rappresentanti del comparto, per ribadire il fondamentale valore socio-economico che questo settore esprime nei nostri territori e nelle nostre comunità”.
Non c’è dubbio che si parta “belli carichi” ma il piede (almeno così ci sembra) pare quello giusto e ha cominciato a “dare gas”… prepariamoci alla partenza di Vinitaly 2024.
fonte e foto: Uff. stampa Veronafiere
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