PIWI Italia avrà sede a San Michele all’Adige. Malattie e cambiamento climatico: futuro promettente per le uve italiane resistenti ?


L’annuncio era stato dato a Vinitaly 2023, lo statuto fu firmato a inizio dicembre, pochi giorni fa è arrivata la registrazione dell’Atto costitutivo: è nata ufficialmente PIWI Italia.


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L’associazione è nata con lo scopo di valorizzare le attività svolte in questi anni dai gruppi regionali e si propone di diffondere la coltivazione delle varietà resistenti alle principali malattie fungine della vite supportando con informazioni scientifiche, tecniche viticole e approfondimenti economici per promuovere queste varietà in ottica di una viticoltura più sostenibile.


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La nuova PIWI Italia farà parte del network PIWI International e avrà sede presso la prestigiosa Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige dove, fra l’altro, da qualche anno si tiene un concorso dedicato ai migliori vini italiani da vitigni Piwi.

L’argomento PIWI, lo sappiamo, è estremamente dibattuto sia a livello istituzionale che fra gli addetti ai lavori. L’Italia ha delegato le Regioni e oltre alla pioniera Veneto, oggi l’autorizzazione alla coltivazione PIWI c’è anche in Friuli-Venezia Giulia, Trentino, Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Lazio e Campania (Puglia in iter autorizzativo).


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Il neo presidente di PIWI Italia, Marco Stefanini, lavora come responsabile dell’Unità di Genetica e Miglioramento Genetico della Vite presso il Centro di Ricerca ed Innovazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige mentre il vicepresidente, Riccardo Velasco, è il direttore del Centro di Ricerca in Viticoltura ed Enologia (CREA-VE) di Conegliano.

Il movimento è in costante crescita, sia all’estero che da noi. Si parla di circa 250 produttori italiani che oggi credono in questa filosofia che coinvolge numerosi vignaioli internazionali. PIWI International è stato fondato in Svizzera nel 1999 su iniziativa di Pierre Basler. Nel giugno 2000, l’abbreviazione PIWI è apparsa per la prima volta e nell’ottobre 2004 il marchio denominativo e figurativo PIWI è stato richiesto per l’iscrizione nel registro dei marchi e poi registrato nel 2015. PIWI International ha sede a Wädenswill (CH).


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distribuzione soci PIWI International

Il presidente Stefanini indica la strada del prossimo futuro: «Gli obiettivi della nuova associazione sono di far conoscere ed ampliare la conoscenza delle varietà resistenti e far pressione, anche a livello politico, affinché altre regioni le autorizzino nel rispetto delle peculiarità regionali. Sicuramente l’impiego di varietà resistenti rende la pratica agronomica più sostenibile dato che le resistenze sono di tipo naturale. Quello che cerchiamo di sviluppare a livello scientifico è una maggiore variabilità. Sono iscritte nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite circa 600 varietà di Vitis vinifera, le 36 varietà resistenti attualmente presenti nel Registro Nazionale non possono sostituire 600 genotipi. La nostra attività di ricerca avrà proprio lo scopo di mettere a disposizione dei viticoltori un numero sempre maggiore di varietà resistenti per poter valorizzare al meglio il proprio territorio con quelle più adatte».


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Varietà PIWI autorizzate in Italia

Queste le 36 varietà PIWI iscritte ufficialmente nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite a oggi.


PIWI a bacca biancaPIWI a bacca nera
416 – Bronner B.465 – Cabernet Carbon N.
916 – Cabernet Blanc B.466 – Cabernet Cortis N.
921 – Charvir B.840 – Cabernet Eidos N.
497 – Fleurtai B.841 – Cabernet Volos N.
468 – Helios B.917 – Cabertin N.
469 – Johanniter B.498 – Julius N.
907 – Kersus B.842 – Merlot Kanthus N.
495 – Muscaris B.843 – Merlot Khorus N.
927 – Palma B.920 – Nermantis N.
908 – Pinot Iskra B.910 – Pinot Kors N.
894 – Poloskei Muskotaly B.911 – Pinot Regina N.
844 – Sauvignon Kretos B.918 – Pinotin N.
845 – Sauvignon Nepis B.470 – Prior N.
846 – Sauvignon Rytos B.928 – Ranchella N.
471 – Solaris B.428 – Regent N.
500 – Soreli B.931 – Sevar N.
496 – Souvignier Gris B.919 – Termantis N.
922 – Valnosia B.909 – Volturnis N.

Indipendentemente da come la pensate – e secondo noi c’è spazio per tutti – è un movimento in forte crescita che può aprire spazi di mercato importanti. La secolare storia della vitivinicoltura ha trasformato la nostra penisola in un tesoro di varietà autoctone straordinarie evolutesi nel tempo che rappresentano una peculiarità inarrivabile. I cambiamenti climatici sono però un’attualità e chissà che fra 10 anni anche il panorama ampelografico non possa – non debba? – risultare differente.



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fonte: PIWI International
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