Il Mavrodaphne di Patrasso

ProWein è palcoscenico di opportunità per conoscere i vini esclusivi. Mavrodaphne di Patrasso: vi dice qualcosa?


A marzo si è svolta la trentesima edizione di Prowein. Come per ogni fiera, ci sono stati pro e contro e nelle ultime due settimane la stampa del settore ne ha parlato ampiamente.


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Rimane però un fatto: nessun altro evento offre al vino un palcoscenico così profondamente globale come la Prowein. Per i miei assaggi in questi tre giorni avrei dovuto volare in tre continenti, viaggiare migliaia di chilometri e passare settimane in ufficio solo per programmare tutti quegli incontri belli e proficui che rendono questa fiera ogni anno un evento del tutto eccezionale.

Il seguente racconto è frutto di questa opportunità.

photo: Messe Düsseldorf/ctillmann © – courtesy Prowein

Il Mavrodaphne di Patrasso

Il Mavrodaphne di Patrasso PDO è un vino liquoroso greco. Si ottiene dall’uva Mavrodaphne, a maturazione precoce, di colore rosso scuro e a grappoli spargoli. Il suo elevato contenuto zuccherino la rende particolarmente adatta alla produzione di vini dolci. Accanto aI Mavrodaphne il disciplinare permette anche di utilizzare fino ad un 49% della varietà Mavri Korinthiaki.

La maggior parte dei vigneti coltivati a Mavrodaphne si trova nel Peloponneso nord-occidentale, nel distretto amministrativo di Acaia, intorno alla città portuale di Patrasso. Quest’uva è coltivata anche sull’isola ionica di Cefalonia dove, tuttavia, svolge un ruolo commerciale minore.


Brevi cenni storici

La fama del Mavrodaphe è ancora oggi associata a un nome in particolare, quello di Gustav Clauss, fondatore dell’azienda vinicola Achaia Clauss. L’imprenditore di origine bavarese giunse a Patrasso nel 1854 per gestire l’attività di esportazione della Fels & Co., società specializzata nel commercio di uva sultanina ottenuta dalla varieta Korinthiaki.

Nella seconda metà del XIX secolo, l’uva sultanina greca era una merce ricercata in tutta Europa. Veniva infatti spedita a Londra, Marsiglia, Trieste, Amsterdam e Odessa. Il commercio delle sultanine forniva allo Stato greco, da poco uscito dalle lotte di liberazione contro gli Ottomani, una fonte di reddito imprescindibile per il suo sviluppo economico.

Mavrodaphne – courtesy Achaia Clauss

Tuttavia non furono solo considerazioni economiche a condurre il giovane Gustav Clauss in Grecia. Come molti suoi compatrioti, egli era un sostenitore del filellenismo, un movimento europeo di uomini di formazione classica che sentivano un forte legame con la Grecia come culla dell’antica civiltà. Uno dei centri di questo movimento era proprio la Baviera e il suo re, Ludwig I, il suo più importante sponsor. Non a caso nel 1832 uno dei suoi figli fu incoronato primo re di Grecia col nome Otto I. Durante il suo regno fu costruito il palazzo reale, oggi sede del Parlamento greco, dall’architetto bavarese Friedrich von Gärtner.

Clauss, dal 1858 sposato con una donna greca e divenuto rapidamente ricco, era un appassionato di cavalli. Durante una delle sue cavalcate nella zona, si innamorò dello splendido paesaggio e acquistò un piccolo vigneto che si affacciava sul Golfo di Patrasso. Qui nacque l’idea di cimentarsi nella viticoltura.

Nel 1861 fondò la Achaia-Clauss Wine Company Ltd, acquistò altri vigneti, costruì torchi ed edifici aziendali. Nel 1873 poi produsse il primo Mavrodaphne, un vino rosso liquoroso, a chiara imitazione del Porto, una novità per la viticoltura greca dell’epoca.

courtesy Achaia Clauss

Clauss aveva conosciuto il modello portoghese durante precedenti viaggi nella Valle del Douro e si può presumere che conoscesse anche il Marsala. Produrre un vino fortificato nello stile del porto non era dunque un’idea nuova, ma senza dubbio buona, dato che le condizioni climatiche della regione di Patrasso sono ideali per ottenere questo tipo di vini.

La città portuale infatti si trova nella cosiddetta fascia del sole, una zona compresa tra i 32° e i 41° di latitudine nord, da cui provengono i grandi vini fortificati d’Europa: il Madeira, il Porto, lo Sherry, il Marsala e, appunto, il Mavrodaphne. Grazie alla forte insolazione, qui maturano uve con un elevato peso del mosto e un corrispondente alto contenuto alcolico, motivo per cui una ben calibrata aggiunta di alcol, cioè la fortificazione, non ha conseguenze negative per il carattere sensoriale del vino.

Attualità

Oggi, più di una dozzina di cantine producono il Mavrodaphne di Patrasso. Le qualità e gli stili, molto diversi tra di loro, vanno da versioni semplici, con soste brevi in acciaio o cemento, a vini che maturano in vecchie e grandi botti di rovere ma anche in barrique.

Un altro fattore che determina lo stile del Mavrodaphne è la durata della fermentazione del vino base. Considerando che la gradazione alcolica standard del vino finito è di circa 15%, il suo residuo zuccherino può variare molto.

Come per altri vini liquorosi, il periodo di maturazione è particolarmente importante. Le qualità migliori si ottengono solo dopo 5 anni di invecchiamento.

courtesy Achaia Clauss

Da ultima, ma non meno importante, la decisione di compensare totalmente, parzialmente o per nulla il vino evaporato con un rabbocco, cosa che ne determina anche il grado di ossidazione (K. Lazarakis, The Wines of Greece, 2018, p. 285).

Assaggi

Gustav Clauss, il padre del Mavrodaphne, morì nel 1908. Nel corso del XX secolo l’azienda subì diversi cambi di proprietà ma resta ancora oggi il principale produttore di questo vino. L’azienda dispone di 15 ettari di vigneti di proprietà, gestiti con metodi di viticoltura convenzionale.

La produzione totale di circa 2 milioni di bottiglie all’anno  – che include anche altre tipologie di vino – è quindi in gran parte dovuta all’acquisto di uve da altri produttori. A Prowein, l’opportunità di un confronto fra eccellenze di Mavrodaphne Achaia Clauss.

foto: Ulrich Kohlmann
Mavrodaphne 601

100% di uve Mavrodaphne. Colore granato tenue, massa molto consistente. Profuma di fichi secchi, caramello, confettura di fragole, prugne secche. Al palato si presenta molto bilanciato tra acidità e dolcezza. Buona persistenza. Il mavrodaphne base dell’azienda.

Mavrodaphne Reserve (1999)

100% di uve Mavrodaphne. Color granato con riflessi mogano, viscoso. Rispetto al 601 si aggiungono sentori che ricordano chiodi di garofano, tabacco dolce e cacao. Ingresso decisamente dolce, cioccolatoso, ma come da magia la densa dolcezza si scioglie e trova il suo equilibrio grazie ad una acidità davvero rinfrescante.

Mavrodaphne Grand Reserve (1979)

100% di uve Mavrodaphne. 30 anni in botte grande di quercia e si vede! Si veste di granato intenso con riflessi gialli. Al naso molto intenso e ampio con buccia di arancia candita, cioccolato, chiodi di garofano, prugne secche, tabacco, funghi porcini e iodio. In bocca denso e avvolgente; anche qui l’impatto della sua dolcezza importante si riequilibria grazie all’acidità vitalizzante. Un lungo finale che chiude piacevolmente sapido.

photo: Messe Düsseldorf/ctillmann © – courtesy Prowein

Lasciatemi chiudere con una breve osservazione generale: possiamo parlarne finché volete, i dati dimostrano che al momento Prowein è la più grande e globale fiera del vino, degli alcolici, della birra e di altri prodotti correlati. A Prowein partecipano gli operatori del settore e la stampa specializzata; gli amanti del vino e del bere non sono ammessi. Ciò significa che il rapporto costi/ricavi è quasi ideale. Diciamo “quasi“, perché gli alti costi alberghieri e gli scioperi restano un problema e chi ha ancora l’energia per uscire la sera sta sicuramente meglio a Parigi che a Düsseldorf.



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fonti: Prowein
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