La Fondazione Edmund Mach, valuta le potenzialità del vino prodotto da uve “tolleranti alle principali malattie fungine” che sta coltivando e studiando in proprio.
Immaginiamo abbiate sentito parlare qualche volta dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, no?
[si legge (più o meno) in: 3 minuti]
L’Istituto nacque nel 1874 quando la Dieta regionale tirolese di Innsbruck, che aveva acquistato il monastero e relativi beni, deliberò l’apertura di una scuola agraria, con annessa stazione sperimentale, in San Michele all’Adige per la rinascita dell’attività agricola nel Tirolo.
Da allora tanta attività, ricerca, studio e personaggi si sono avvicendati per costituire e dare lustro a quel noto polo culturale che dal 2008 è stato trasformato in una Fondazione che porta il nome del primo direttore Edmund Mach.
La Fondazione Edmund Mach ha concluso pochi giorni fa un interessante studio, il cui risultato è passato attraverso la degustazione.
Nel vecchio monastero agostiniano, oggi sede della Fondazione, un pool di esperti è stato infatti convocato per valutare le potenzialità di alcuni vini delle annate 2019 e 2020 imbottigliati dalla cantina di microvinificazione FEM e provenienti da uve cosiddette “tolleranti alle principali malattie fungine” (leggasi: oidio e peronospora) coltivate negli appezzamenti sperimentali.
Inciso: guardate che, almeno per noi di SI.net, non è per niente una banalità, tutt’altro!
Tornando a ciò che comunica la Fondazione, il loro obiettivo è quello di puntare su nuove etichette per l’azienda agricola FEM ma ciò che particolarmente ci interessa è l’altro scopo: individuare le tipologie di prodotto che meglio si adattano alle esigenze del mondo vitivinicolo trentino.
Il presidente Mirco Maria Franco Cattani ha spiegato: “Siamo molto impegnati con le attività di miglioramento genetico che continuano a dare importanti risultati, come la recente iscrizione di 4 nuove varietà. Il nostro vuole essere un contributo al miglioramento, in primis della viticoltura trentina, nella direzione della sostenibilità ambientale e della qualità dei suoi prodotti”.
Le 4 varietà, recentemente iscritte, nel Registro nazionale delle varietà di vite sono: Termantis, Nermantis, Valnosia e Charvir. Sono nate dai genitori Vitis vinifera e da varietà trentine portatrici di geni di resistenza naturali e scelte dai ricercatori tra oltre 700 piante ottenute per seme, selezionate per i caratteri di tolleranza alla peronospora e oidio e per la qualità a più riprese e in diversi ambienti.
In degustazione c’erano anche i vitigni di recente importazione quali il Pinot Regina dall’Istituto di Pècs in Ungheria e un vino da uva bianca di prossima registrazione unitamente ai vini provenienti dai vitigni resistenti provenienti dall’Istituto sperimentale di Friburgo che da anni vengono sottoposti ad osservazione negli appezzamenti della FEM e valutati dal punto di vista enologico.
Come in altre occasioni, potrebbe essere uno studio ripetibile ed esportabile in altri territori d’Italia.
fonte e foto: Fondazione Edmund Mach
riproduzione riservata ©