
valpolicella sulla via dell’unesco
Pronto il dossier che candida la tecnica della messa a riposo delle uve di Valpolicella come patrimonio Unesco. La Valpolicella confida nelle istituzioni
Delle nostre impressioni sugli assaggi dell’annata 2018 ne parleremo a breve, riteniamo comunque giusto aprire una piccola parentesi introduttiva alla sintesi che faremo molto presto sull’appena conclusa Amarone Opera Prima 2023.
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L’avevamo già accennato qualche giorno fa, anche la Valpolicella vinicola punta a diventare un patrimonio dell’Unesco e l’evento del fine settimana scorso a Verona è stato l’occasione per ufficializzare a tutti quanto è stato fatto.
Il Consorzio vini Valpolicella ha così annunciato di aver completato il dossier per la presentazione della candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella a patrimonio immateriale dell’Unesco.

Dieci le pagine redatte dal Comitato scientifico, che sintetizzano il lavoro decennale di studio, analisi, raccolta di documenti e materiale video fotografico anche di archivio.
Candidature del genere non sono una novità ma se l’obiettivo fosse centrato sarebbe di fatto il primo riconoscimento a una pratica di vinificazione..

Il Consorzio oggi riunisce oltre 2400 aziende tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori su un territorio di circa 8.600 ettari che si estende in 19 comuni della provincia di Verona e che crea un giro d’affari stimato su oltre 600 milioni (più della metà riferiti all’Amarone).
Il presidente del Consorzio vini Valpolicella, Christian Marchesini si è mostrato ovviamente soddisfatto: «Il traguardo di oggi è il risultato di un grande lavoro di squadra che ha messo a fattor comune la valorizzazione della Valpolicella e la sua vocazione all’eccellenza. Una unità di intenti e di visione che ha riscontrato l’appoggio anche delle istituzioni, a partire dalla Regione Veneto e dal suo presidente, Luca Zaia. Ora confidiamo che i ministeri deputati a decidere la presentazione della candidatura sappiano riconoscere il valore antropologico e socioeconomico di questa tecnica».
Per Pier Luigi Petrillo, coordinatore del Comitato scientifico, professore e direttore della cattedra Unesco sui Patrimoni culturali immateriali dell’Università Unitelma Sapienza di Roma: «Il dossier evidenzia che si tratta di una tecnica che rispecchia la storia sociale, politica, economica di questo territorio e ne manifesta la sua evoluzione. Il profondo radicamento culturale e identitario definisce la stessa architettura rurale della Valpolicella: un saper fare che da oltre 1500 anni identifica questa comunità».

Sono infatti quattro i capisaldi identitari che, secondo il Comitato scientifico (composto da enologi, giuristi e antropologi) avvalorano l’istanza della Valpolicella: la secolare tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella – pratica che decreta l’unicità dell’Amarone e del Recioto – garantisce in questo territorio – così come cita il dossier – una “funzione educativa, ambientale, di riscatto sociale e di inclusione” e “una funzione enologica“, perché “senza questa tecnica i vini del territorio non esisterebbero”. Tra i punti di forza, individuati anche l’estensione territoriale dell’appassimento praticato da 8mila persone nei 19 comuni della denominazione.
Il documento verrà ora trasmesso al ministero della Cultura, a quello dell’Agricoltura e alla Commissione nazionale per l’Unesco, l’organismo interministeriale coordinato dal ministero degli Esteri cui spetta il compito di scegliere, entro il 30 marzo, l’unica candidatura italiana da inviare a Parigi per la valutazione.
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