
potrebbe costarci 800 milioni
Tanto può pesare sul mercato italiano la crisi di materie prime, trasporti ed energia. Occhi puntati sulla ripartenza a ostacoli del vino.
Riaprtiamo, benissimo! Sì ma da dove e come? Il rilancio è tangibile ma sono settimane che il mercato lancia campanelli d’allarme per i consumatori di spirits e, soprattutto, del vino. Pandemia, quanto mi costerai nel calice?
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Il Corriere vinicolo già nei giorni scorsi aveva provato a focalizzarsi sull’indisponibilità delle materie prime e dei trasporti. Un problema non da poco che condiziona i costi di produzione e probabilmente si riverserà sul prezzo finale della bottiglia con il rischio serio di cali negli acquisti e, segnatamente, nella competitività.
Il nostro portafoglio, volenti o nolenti, sarà intaccato da questi condizionamenti. Che siano causati involontariamente o meno, saranno le aziende a pagarne le conseguenze prima ancora dei consumatori.

Laconica l’analisi del Corriere: potrebbe aggirarsi intorno agli 800 milioni di euro il costo complessivo che i produttori italiani di vino potrebbero pagare per la crisi di materie prime, trasporti ed energia.
Un dazio che, assieme a una vendemmia 2021 dalle quantità inferiori alla media, si ripercuoterà inevitabilmente sulla prossima stagione di commercializzazione.
Toccherà quindi per primo ai produttori provare a contenere il prezzo di listino finale per non muovere il mercato verso la produzione estera (presumibilmente extra-europea) o verso altre tipologie di bevande alcoliche.

Molto interessante l’analisi (da leggere completamente sulle pagine della testata) che mette sulla bilancia la soddisfazione iniziale data dalla forte ripresa del mercato globale del vino con l’aumento generalizzato dei costi di macchinari, attrezzature, prodotti per vigneto e cantina, imballaggi, logistica e, non ultima, l’energia.
A 800 milioni si arriva più o meno valutando un incremento dei costi delle materie prime variabile fra il 20 al 60%, al lordo di una buonissima ripartenza delle vendite a doppia cifra.
I costi per carta e cartone potrebbero salire di un +60%, i manufatti in legno del +53%, quelli in metallo +44% e il vetro potrebbe costare un +20% più dell’era pre-pandemica.
A questi rincari vanno aggiunte la forte ascesa dei costi energetici (+138% sul 2020) e la persistente crisi dei container, che porta a ulteriori aumenti dei costi di trasporto, fino a 20 volte rispetto al 2020 in casi estremi (secondo i dati della Shanghai Containerised Freight Index) e dilatazione dei tempi di consegna che causano notevoli problemi al settore vino, con transit time passati, in Cina, da 35 fino a 60 giorni.
Aumenti che non colpiscono uniformemente e contemporaneamente tutte le aziende ma variano in funzione delle dimensioni dell’azienda, dei diversi approcci al mercato e delle diverse strategie messe in campo per rispondere alla crisi, sebbene la preoccupazione sia ovviamente generale.

Sicuramente, nel probabile rincaro che troveremo sullo scaffale, la materia che meno inciderà sul prezzo finale sarà proprio quella essenziale: il liquido.
Il commento del segretario generale di UIV, Paolo Castelletti, evidenzia come queste difficoltà debbano essere intercettate dalle Istituzioni: «È una dinamica congiunturale ma molto pesante, che deve essere considerata dalla politica e dalle istituzioni nella valutazione sulla ripresa economica del settore. È vero che le vendite stanno andando bene ma questo non deve nascondere quanto l’aumento dei costi industriali stia incidendo in maniera pesante sulla competitività delle imprese.
Fossero anche un po’ meno, 800 milioni da recuperare globalmente fanno paura ad aziende e appassionati acquirenti. Le strategie per ammortizzare senza perdere competitività varieranno in base, come detto, a strategie e mission.
Se alcune aziende come Gancia si auspicano l’abbattimento grazie alla crescita della domanda, Cavit ritiene di dover sorvegliare scrupolosamente sprechi ed efficienza.

Quando poi il valore della bottglia vino tornerà a ridistendersi su quote più consone, nessuno può saperlo. Le previsioni finanziarie farebbero supporre di un naturale riassestamento verso primavera 2022 ma qui si parla di un prodotto troppo particolare per essere analitici al 100%. Per l’A.D. di Donnafugata, ad esmpio, gli aumenti sono ben lontani dallo stopparsi.
E poi, come in altri settori è accaduto e accadrà, rimarrano radicate alcune dinamiche venute a crearsi nell’era covid del terzo millennio. Lo dicono Ruffino (per cui paghiamo il prezzo della globalizzazione cino-centrica) e Frescobaldi per cui la filiera del vino non sarà più la stessa.

Per gli appassionati è tempo di pensarci seppur questi siano giorni felici e spensierati di (finalmente) ritorno alla degustazione tradizionale.
fonte: Corriere Vinicolo
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