
export vino: sorrisetto dall’est
In un 2020 che resterà alla storia, il vino italiano regge il colpo soprattutto nell’est europeo e molto meglio rispetto ad altri Paesi concorrenti.
Inutile stigmatizzare ulteriormente i numerosi fattori che renderanno tristemente noto l’anno appena concluso. Cerchiamo di capire se, per il vino italiano, qualcosa almeno si è salvato e se questo qualcosa può dare fiducia.
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Potremmo un po’ sorridere? Almeno a denti stretti?
Sicuramente la vendemmia 2020 è stata complessivamente un’ottima annata quasi un po’ ovunque, lo hanno ripetutamente detto le fonti autorevoli del mondo enoico nazionale nell’autunno scorso.
In attesa della produzione, è molto interessante vedere come è andata la vendita nell’assurdo ventiventi colmo di stop forzati, lockdown, sospensioni, riprogrammazioni e revoche di eventi un po’ in tutto il mondo, che però ha anche visto il proliferarsi di nuovi canali comunicativi e di mercato online.
Molto interessante la ricerca effettuata dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor per il Sole 24 Ore e pubblicata ieri sulle pagine web della testata.

Il settore dell’agroalimentare e, nello specifico, del vino italiano ha pagato a caro prezzo soprattutto la chiusura di ristoranti e bar.
Tuttavia molte imprese, in particolare quelle più strutturate sia private che cooperative, sono comunque riuscite a limitare i danni riposizionando la propria offerta (rafforzandola sugli scaffali della grande distribuzione) o esplorando nuovi sbocchi di mercato all’estero.
Rispetto ad altre nazioni, l’Italia del vino pare abbia contenuto il disavanzo, reggendo il colpo, soffrendo ma evitando il knockout.
Curioso soprattutto il resoconto che arriva dai Paesi dell’Europa orientale.

Secondo le stime effettuate dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor per il Sole 24 Ore, a fine 2020 il vino registrerà un calo delle esportazioni in valore del 4,6% (circa 6,1 miliardi di euro).
Un risultato negativo ma migliore rispetto al trend globale (-10,5% gli scambi internazionali di vino) e rispetto al risultato del principale competitor, la Francia, costretta a rinunciare al 17,9% delle proprie esportazioni.
Tra le diverse tipologie perderanno il 5,7% gli spumanti simbolo del fuori casa e della festa, che per la prima volta dopo 11 anni di crescita ininterrotta faranno peggio dei vini fermi (-4,5%).
All’interno di questo calo c’è tuttavia, anche nella crisi da Covid 19, un’area del mondo che non ha invertito il proprio trend di crescita della domanda. Si tratta dei dieci paesi dell’Est Europa (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania) che negli ultimi anni hanno visto lievitare la domanda di vino in generale e italiano in particolare.

«Nei primi nove mesi del 2020 – spiega il responsabile di Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini – l’export di vino italiano in questi paesi è cresciuto del 4,3% trainato dagli spumanti (+9,1%), mentre calano i vini sfusi (-24,1%) a conferma di una tendenza che evolve verso i prodotti di qualità a fascia medio-alta.
I vini Dop rappresentano oltre la metà dell’export italiano con in prima fila Prosecco (+14,3% e che rappresenta oltre il 40% delle vendite made in Italy), seguito dall’Asti (con una quota del 14,5%) e dai rossi toscani.
La fetta maggiore degli acquisti dell’Est Europa è effettuato dalla Polonia (con una quota del 26,4%). In forte crescita la Lettonia (con quasi il 20% del totale grazie al ruolo di hub verso la Russia). Vero e proprio exploit dell’Ucraina (+38%) che ha superato la Repubblica Ceca tra i top buyer».
Le valutazioni che emergono dalle stime effettuate da Wine Monitor di Nomisma per Vinitaly sono confermate anche dalle imprese. Ettore Nicoletto (CEO di Bertani domains, 460 ettari di vigneti, giro d’affari di 20 milioni di euro) spiega: «I dati di vendita di vino in Polonia, Repubblica Ceca e paesi baltici sono molto interessanti e credo che quest’area possa rappresentare uno sbocco sempre più significativo in futuro. Si tratta di paesi che stanno irrobustendo le proprie economie e nei quali aumenta la presenza della grande distribuzione organizzata.».

Chiaro, lo diciamo noi, che il colpo è stato assorbito maggiormente da quelle denominazioni che già potevano vantare numeri importanti, le piccole stanno invece incrociando strettamente le dita per questo 2021 a luci e ombre.
Pensate: tra i vini italiani che stanno crescendo nell’Est Europa oltre a Prosecco, Asti e ai rossi toscani c’è anche il marchigiano Verdicchio.
«Mercati che persino nel 2020 hanno mostrato una inaspettata vivacità – spiega Michele Bernetti responsabile di Umani Ronchi (200 ettari di vigneti, 12 milioni di fatturato) – e nei quali sta rapidamente crescendo una cultura del vino visto l’incremento delle vendite di vini di maggior pregio rispetto al passato.
Come testimoniato anche dai vini bianchi per i quali di solito i consumatori meno evoluti ricercano bottiglie solo dell’ultima annata. Mentre quest’anno nell’Est europeo è andato esaurito il nostro Verdicchio riserva che è almeno del 2018».

Un sorriso quindi a denti stretti, al momento “mezzo amaro“, che però ravviva come l’aria fresca, secca e pungente del Grecale che arriva dall’est balcanico.
Occorre respirare a pieni polmoni ma, al tempo stesso, stare attenti a non scoprirsi troppo.
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fonte: Il Sole 24 ore

