
acqua per favore
Le contromosse del governo per combattere la siccità. Pronti a attivare lo Stato d’emergenza, ma se non inizia a piovere…
Adesso è preoccupazione vera. Il cambiamento climatico si fa sentire e sempre più di frequente porta il conto da pagare.
[si legge (più o meno) in: 3 minuti]
Il 2022 italiano è stato avarissimo di precipitazioni. La siccità è fra le preoccupazioni più allarmanti di questi giorni.
Magari cambierà qualcosa nelle prossime settimane, possiamo aspettarci ormai di tutto, però il livello di guardia è stato ormai oltrepassato fra laghi e fiumi principali ampiamente al di sotto della portata minima accettabile.

Non mancherà da bere, questo no, ma i danni economici alla gigantesca filiera produttiva che parte dai campi e termina all’industria rischiano di diventare enormi.
Soprattutto regioni chiave del nord come Piemonte e Veneto hanno chiesto fortemente l’intervento dello Stato per mettere in campo prima possibile delle contromosse straordinarie.
Pochi giorni fa è stato così fatto il punto al MiPAAF sull’emergenza siccità. Una riunione con la presenza del ministro Stefano Patuanelli, del sottosegretario Gian Marco Centinaio, del Capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio e dei capi gabinetto del MiPAAF e del MiTE.
Curcio ha informato che è già in atto uno stretto collegamento con i presidenti delle Regioni e che le Regioni stesse sono al lavoro sull’individuazione dei criteri (ai sensi delle normative vigenti) al fine di poter dichiarare lo “stato d’emergenza“.

Per quanto concerne il settore agricolo, e sempre su proposta delle Regioni, si potrà proclamare lo “stato di eccezionale avversità atmosferica” qualora il danno provocato dalla siccità superi il 30% della produzione lorda vendibile.
In un 2022 che al momento risulta essere addirittura più siccitoso del 2017, il ministro Patuanelli ha fatto il punto stamani intervistato da Radio 24:
«La risorsa idrica è carente e c’è necessità di razionalizzazione e di utilizzo dell’acqua consapevole e diversificato individuando le priorità. La legge prevede in primo luogo l’uso civile per abbeverare gli animali, poi agricoltura e parte industriale.
Stiamo costruendo un quadro chiaro per individuare i criteri per l’accesso allo stato d’emergenza, consapevoli che il fatto che non piova è già un’emergenza.
Il problema non si risolve comunque con il solo stato d’emergenza e dovrebbe iniziare a piovere perché oggi non abbiamo strumenti immediati d’intervento se non alcuni elementi di Protezione civile.
Dobbiamo evitare che ci siano, tra settori e zone diverse, guerre sull’uso dell’acqua. E’ evidente che dobbiamo adoperarci per risolvere strutturalmente per quanto possibile il tema dell’uso dell’acqua».
Per l’immediato, il ministro ha puntualizzato l’importanza di: «rallentare il più possibile l’uso della risorsa idrica per attività che non siano quelle civili e agricole compreso il mondo degli animali. Va trovato un un equilibrio tra le esigenze dei diversi settori.
Fare stime sui rischi sui danni economici per la produzione agricola è ancora complesso, è vero però che la siccità di questi mesi ha inciso sulle rese. Oggi la preoccupazione è per mais, soia e riso. Un periodo lungo di siccità incide poi su tutte le tipologie colturali, dell’ortofrutta fino al settore vitivinicolo.

Bisogna aumentare la capacità di captazione, che oggi è intorno all’11%, attraverso un piano invasi il più possibile aderente alle esigenze dei cittadini. Non stiamo costruendo un piano con grandissimi impianti ma uno con una diffusione ampia su tutto il territorio di piccoli impianti, così da avere un impatto ambientale minore possibile.
Siamo in gravissimo ritardo anche a causa della frammentazione delle competenze tra parte agricola (MiPAAF), parte infrastrutturale (MiMS) e parte ambientale (MiTE).
Deve essere fatta una seria programmazione delle amministrazioni con strumenti ordinari, senza strutture commissariali. Abbiamo risorse nel PNRR che servono per l’efficientamento delle infrastrutture esistenti e non per nuove infrastrutture, perché il range temporale del PNRR è troppo breve per prevedere impianti nuovila costruzione di nuovi impianti.
Il problema è che sono però vent’anni che in questo paese non si fa niente per tutelare la risorsa idrica».

Dichiarazioni del ministro a parte, le regioni vitivinicole del centro-nord sono già allarmate per la vendemmia.
C’è ancora un po’ di tempo e l’esperienza ci insegna che tutto può cambiare anche in quindici giorni. L’estate è però già iniziata e la fatica psico-fisica dei vignaioli sta crescendo di giorno in giorno assieme alle preoccupazioni.
Per adesso, come sempre del resto, incrociamo le dita.
fonte: Mipaaf – Radio 24
spiritoitaliano.net © 2020-2021

